la giara

Messaggioda ginevrina » 16 dic 2008, 17:08

ciao a tutti! una richiesta..avrei per italiano da fare una ricerca su la giara di pirandello riportata sia comecommedia che come opera teatrale..non è per caso che qualcuno mi darebbe una mano..

ginevrina

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Messaggioda giuliaciti » 16 dic 2008, 19:12

ti metto tutto quello che ho trovato:


La novella inizia col descrivere un’annata eccezionale per gli ulivi. Don Lollò Zirafa, prevedendo che le giare "che aveva in cantina non sarebbero bastate a contenere tutto l’olio della raccolta", ne aveva ordinata una nuova: "alta a petto d’uomo, bella panciuta e maestosa, che fosse delle altre cinque la badessa". Ma un giorno, mentre ferveva l’abbacchiatura delle olive, si viene a scoprire che quella bella giara nuova si era rotta da "sé". Don Lollò così va su tutte le furie tanto da arrabbiarsi con i tre contadini. Alla fine decide di chiamare Zi Dima Licasi, un abile "conciabrocche", perché con il suo "mastice miracoloso" la rimetta a posto; ma lo Zirafa, pur essendo molto orgoglioso e prepotente, ordina a Zi Dima di mettere nel fondo della giara delle puntine. Zi Dima, costretto a metterle, finisce col chiudersi lì dentro. Nella novella vi si equilibrano motivi drammatici e umoristici, non mancano pennellate di poesia e tutto ha "colore e sapore" di Sicilia. In essa vi è il contrasto di due caratteri, ahimè, entrambi testardi: Don Lollò e Zi Dima Licasi, coloro che sostengono tutta l’azione. Sul superbo e avaraccio padrone, facile all’ira e sempre pronto a ricorrere all’avvocato, domina la figura morale del "conciabrocche", persona nella quale miseria e sussiego muovono al riso. La sua sfida al padrone per affermare una convinzione e un principio, non è espressione di arroganza o di spavalderia, ma di una suscettibile fierezza da brav’uomo che per una semplice scommessa è pronta a rischiare di persona. In lui si nota proprio quel contrasto tra la realtà della vita e le illusioni tipiche dell’animo umano. Si respira, inoltre, un tono fresco di vita rusticana, feconda e scanzonata, in cui Don Lollò, tutto preso dai suoi interessi, non sa inquadrarsi e finisce con l’avere la peggio.
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La Giara
Don Lollò è un ricco proprietario terriero rissoso e attaccabrighe. A forza di consultare l’avocato e fare causa a tutti si è quasi mandato in rovina. Per il nuovo raccolto delle olive, Don Lollò compera una giara nuova enorme e grassa che paga 4 onze. Ma una sera, i contadini raccoglitori trovano la giara spaccata di netto a metà. Don Lollò urla e strepita, poi si fa convincere e chiama Zì Dima che pareva avesse inventato un mastice miracoloso per riparare i cocci. Zi Dima arriva e litiga subito con Don Lollò perché costui non si fida e vuole che la brocca sia riparata con mastice e punti di ferro. Zi Dima infuriato si mette al lavoro, ma quando finisce di riparare la giara si accorge di esserci incastrato dentro. Don Lollò gli paga il lavoro e va a consultarsi con l’avvocato che gli suggerisce di fare uscire Zì Dima e farsi pagare il danno. Zi Dima rifiuta di uscire e pagare e organizza una festa spendendo le 5 lire guadagnate riparando la giara. Don Lollò, ifuriato, in un accesso di ira colpisce la giara che rotola e si spacca contro un ulivo.
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Don Lolò Zirafa, il protagonista della vicenda, è ricco e taccagno. Vede nemici dappertutto che vogliono depredarlo della sua roba, ed essendo di carattere litigioso, non perde occasione di citare in giudizio i suoi presunti avversari spendendo una fortuna in liti e facendo spesso perdere la pazienza al suo consulente legale, che non vede l'ora di toglierselo di torno.

Dopo l'acquisto di una nuova enorme giara per conservare l'olio della nuova raccolta, accade un fatto strano: per ragioni misteriose, la giara viene infatti ritrovata perfettamente spaccata in due pezzi; fatto che fa montare Zirafa su tutte le furie.

La giara potrà comunque essere riparata da Zi' Dima, un artigiano del posto, il quale si vanta di avere inventato un mastice miracoloso. Zirafa, alquanto scettico, insiste comunque affinché Zi' Dima usi anche dei punti di fil di ferro per eseguire l'intervento e rendere più sicura la saldatura: il che offende ed innervosisce profondamente l'artigiano che ritiene che il suo prodigioso mastice sia più che sufficiente a fare un buon lavoro e che i meriti della sua invenzione siano sottovalutati.

In preda all'ira, Zi' Dima messosi all'interno della giara per eseguire più comodamente la riparazione, si distrae dimenticando che la giara ha un collo parecchio stretto. Il risultato sarà che resterà bloccato all'interno della grande giara.

Ne nasce subito un contrasto tra Zi' Dima, che vuole comunque essere pagato per la perfetta riparazione che ha eseguito e Zirafa, che si dichiara disposto a pagarlo ma che in cambio vuole essere risarcito poiché per liberarlo bisognerà rompere la giara.

Don Lolò paga il conciabrocche per il suo lavoro, non per senso di giustizia ma per non stare in torto di fronte alla legge ma, non sapendo come risolvere la situazione, si rivolge per l'ennesima volta al suo avvocato che gli consiglia di liberare Zi' Dima, altrimenti correrà il rischio di essere accusato di sequestro di persona.

Questo non piace affatto a Don Lolò Zirafa, che ritiene responsabile Zi' Dima del fatto che egli balordamente si è imprigionato da solo nella giara e che, una volta rotta per liberarlo, non sarà più possibile riparare.

Il cocciuto conciabrocche, a sua volta, si rifiuta di risarcirlo affermando che egli è entrato nella giara proprio per mettere i punti che don Lolò aveva preteso. Se si fosse fidato del suo mastice miracoloso ora avrebbe la giara come nuova e comunque, piuttosto che pagare egli preferisce restare dentro la giara; e lì infatti passerà tranquillamente e allegramente la notte, fra canti e balli dei contadini ai quali, servendosi proprio del denaro ricevuto da Don Lolò, ha offerto vino e cibarie.

In preda alla rabbia, per il danno e la beffa, Don Lolò Zirafa finisce per tirare un poderoso calcio alla giara che si rompe definitivamente e Zi' Dima, così involontariamente liberato, avrà partita vinta.

giuliaciti

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