il castello dei destini incrociati di Italo Calvino

Messaggioda axen » 30 set 2008, 19:47

RECENSIONE

Di Italo Calvino, Il Castello dei destini incrociati, Einaudi editore, 1973, 112pp.,

Il libro di Italo Calvino, “Il Castello dei destini incrociati”, è suddiviso in due parti: Il Castello e La Taverna, ognuna delle quali ha una sezione introduttiva sul luogo dove si svolge l'azione appunto il castello e la taverna e di seguito sette storie per ogni luogo di ambientazione
Il racconto iniziale è quello di un viandante, che entra, per ripararsi dal freddo di una gelida notte, in un castello. L’atmosfera è vaga, sembra quasi di essere in un sogno. Qui vi trova commensali, di diversa estrazione sociale, dame, cavalieri e personaggi più semplici, intenti a raccontare ognuno la propria storia, il fatto strano però è che nessuno riesce a parlare o ad emettere alcun suono, perciò i presenti utilizzano le carte di un mazzo di tarocchi per illustrare agli altri le loro avventure.
Il castello comprende anche un racconto conclusivo intitolato "Tutte le altre storie". Qui gli episodi narrati sono inediti oppure tratti dalla tradizione (ad esempio quella di Elena di Troia), ma Calvino ne stravolge il finale. "Tutte le altre storie" è un racconto particolare e diverso rispetto agli altri componenti della prima parte del libro, perché, mentre quelli precedenti hanno come oggetto una sola vicenda che viene raccontata mentre il quadrato dei tarocchi si costruisce, questo presenta tutte le possibilità di narrazione, illustrando le varie fantasie dei cavalieri e delle donne, misteriosi personaggi muti ospiti del castello.
La seconda parte del libro s’intitola "La taverna dei destini incrociati", le cui storie e accadimenti sono simili al precedente, ma cambia l'ambientazione.vi è un abbassamento dello stile, e viene meno quell’ordine rigoroso riscontrato all’interno del castello.
La taverna è stata realizzata allo stesso modo de Il castello, vale a dire utilizzando i tarocchi; le carte della taverna però sono molto diverse da quelle di Bembo, raffinati del ‘400, utilizzate per il primo racconto. I tarocchi marsigliesi, infatti, sono differenti per la grafica e sono riprodotti in bianco e nero. I singoli personaggi scelgono un tema, e pongono una carta sul tavolo. ogni singola carta dipendeva dalla precedente e dalla seguente, infatti, la storia nasceva spesso per una disposizione casuale.Il significato di ogni singola carta dipende dal posto che essa ha nella successione di carte che la precedono e la seguono, perciò ognuna può avere innumerevoli interpretazioni e differenti valenze.
Dall’inizio del libro, ad arrivare alle ultime pagine, si nota una graduale ricercatezza e una progressiva complicatezza, sia nello stile, che nelle storie narrate.
Il modo di raccontare di Calvino è particolareggiato e preciso, egli si sofferma sui dettagli, riflette sulle persone e sul significato delle figure e ciò per dare più rifiniture possibili alla storia; è questo lo schema del libro fatto di immagini, di quadri raccontati e spiegati man mano che la storia stessa si srotola.
Sebbene le due parti della storia sembrino essere disgiunte, in realtà vi sono continui richiami tra le due parti, sia nella produzione letteraria, sia nelle caratteristiche delle storie.
I temi vengono reinterpretati, rivisti, vi è contatto con ciò che ci circonda, ciò è dato dal fatto che l’autore immetta storie attinte dalla tradizione che però sceglie di rielaborare.
Calvino si diverte nel creare un gioco cerebrale in cui riflette su cosa significhi fare letteratura.
Le sue pagine sono dominate da un forte gusto inventivo, da una fertile fantasia e da un vero e proprio senso dell’umorismo e dell’ironia; immette persino la sua stessa persona nel racconto utilizzando uno dei tarocchi e descrivendo il suo punto di vista, ”dicendo la sua”.
<<…Il Fante di Coppe mi ritrae mentre mi chino a scrutare dentro l’involucro di me stesso; e non ho l’aria soddisfatta: ho un bel scuotere e spremere, l’anima è un calamaio asciutto. …>> (pp.94).
Egli utilizza nel comporre la sua opera uno stile apparentemente naturale, ma che in realtà è ricercato e non casuale; Calvino ha la consapevolezza che non è possibile ordinare la realtà, ma cerca comunque di farlo nella scrittura, perché la letteratura è per lui una struttura elaborata della mente.
La letteratura, come i tarocchi, combina vari elementi diversamente interpretabili, nella vita come nelle storie. La letteratura e la vita non sono, per Calvino, inscindibili.
<<…Tutto questo è come un sogno che la parola porta in sé e che passando attraverso chi scrive si libera e lo libera. …>> (pp.95).
L’autore ha la capacità di immettere all’interno di un testo fatto di storie apparentemente semplici e a volte banali, significati profondi riguardanti la vita e l’esistenza. Nonostante la letteratura sia struttura creata è comunque un modo per interpretare la realtà, che invece di struttura non ne ha.

axen

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