Vidi ego longe omnium, quos mihi cognoscere contigit, summum oratorem Domitium Afrum, valde senem, quotidie aliquid ex ea, quam meruerat, auctoritatem perdentem, quum deficere (spegnersi a poco a poco) quam desinere mallet. Quare, antequam in has aetatis veniat insidias, orator receptuicanet et in portum integra nave perveniet. Neque enim minores eum, quum id fecerit, studiorum fructus sequentur. Aut illa monimenta rerum posteris aut quaerentibus tradet, aut eloquentiae componet artem, aut pulcherrimis vitae praeceptis dignum os dabit.
Io ho visto l'oratore più grande che mi sia toccato di conoscere, Domizio Afro, che, quando era molto anziano, perdeva ogni giorno una parte del prestigio che si era acquistato: quando parlava (lui, che un tempo era stato il principe del foro, e nessuno avrebbe potuto dubitarne), alcuni - che vergogna! - ridevano, altri arrossivano. Ed è per questo che si disse di lui che preferiva deficere [perdere] piuttosto che desinere [ritirarsi]. 4. Eppure non è che le sue orazioni, comunque fossero, potessero essere definite brutte: erano soltanto inferiori alle precedenti. Prima dunque di cadere prigioniero di queste insidiose trappole dell'età, l'oratore suonerà la ritirata e farà vela verso il porto con la sua nave intatta. E, se si sarà comportato in questo modo, non saranno infatti minori i frutti che ricaverà dal suo studio: o scriverà le sue memorie per i posteri o, come si ripropone di fare Lucio Crasso nei libri di Cicerone, spiegherà questioni legali a chi verrà a consultarlo, oppure comporrà un trattato di eloquenza o darà una degna veste stilistica ai migliori precetti di vita.