I romani combattono ai piedi del Vesuvio Livio

Messaggioda latticino_93 » 17 dic 2009, 7:20

haud procul radicibus vesuvii montis pugnatum est,qua via ad veserim ferebat.Romani consules,priusquam copias educerent in aciem,diis hostias immolaverunt.Deinde,instructis ordinibus,processerunt in aciem:Manlius dextro,Decius laevo cornu praeerat.Primo utrimque aequis viribus gerebatur res.Deinde,cum romani in trepidatione essent,Decius consul M.valerium magna voce conclamavit:"Deorum ope-inquit_opus est,Marce Valeri.Agendum,pontifex.praei verba,quibus me pro legionibus devoveam".Pontifex eum togam pratextam sumere iussit atqie ita precari:"Iane,Iuppiter,Mars prater,dii Manes:vos precor ut populo Romano victoriam properetis".Haec ita precatus,lictores ad T.Manlium ire iubet;ipse armatus in equum insilivit ac se in medios hostes immisit.

latticino_93

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Messaggioda giada » 17 dic 2009, 8:11

Haud procul radicibus vesuvii montis pugnatum est, qua via ad Veserim ferebat.Romani consules, priusquam educerent in aciem, immolauerunt. Decio caput iocineris a familiari parte caesum haruspex dicitur ostendisse: alioqui acceptam dis hostiam esse; Manlium egregie litasse. 'atqui bene habet' inquit Decius, 'si ab collega litatum est.' instructis, sicut ante dictum est, ordinibus processere in aciem; Manlius dextro, Decius laeuo cornu praeerat. primo utrimque aequis uiribus, eodem ardore animorum gerebatur res; deinde ab laeuo cornu hastati Romani, non ferentes impressionem Latinorum, se ad principes recepere. in hac trepidatione Decius consul M. Valerium magna uoce inclamat. 'deorum' inquit, 'ope, M. Valeri, opus est; agedum, pontifex publicus populi Romani, praei uerba quibus me pro legionibus deuoueam.' pontifex eum togam praetextam sumere iussit et uelato capite, manu subter togam ad mentum exserta, super telum subiectum pedibus stantem sic dicere: 'Iane, Iuppiter, Mars pater, Quirine, Bellona, Lares, Diui Nouensiles, Di Indigetes, Diui, quorum est potestas nostrorum hostiumque, Dique Manes, uos precor ueneror, ueniam peto feroque, uti populo Romano Quiritium uim uictoriam prosperetis hostesque populi Romani Quiritium terrore formidine morteque adficiatis. sicut uerbis nuncupaui, ita pro re publica [pouli Romani] Quiritium, exercitu, legionibus, auxiliis populi Romani Quiritium, legiones auxiliaque hostium mecum Deis Manibus Tellurique deuoueo.' haec ita precatus lictores ire ad T. Manlium iubet matureque collegae se deuotum pro exercitu nuntiare; ipse incinctus cinctu Gabino, armatus in equum insiluit ac se in medios hostes immisit





La battaglia venne combattuta non lontano dalle pendici del Vesuvio, nel punto in cui la strada portava al Veseri. I consoli romani offrirono sacrifici prima di guidare le loro truppe all'assalto. A quanto si racconta, l'aruspice avrebbe fatto notare a Decio che il fegato era inciso nella parte famigliare, ma che la vittima era ugualmente gradita agli dèi e che Manlio aveva ottenuto auspici quanto mai favorevoli. «Allora sta bene», disse Decio «il collega ha ricevuto dei segni favorevoli». Nella formazione già descritta, i Romani avanzarono sul campo di battaglia. Manlio guidava l'ala destra, Decio la sinistra. All'inizio le forze e l'ardore dei combattenti erano uguali da entrambe le parti. Ma dopo qualche tempo gli hastati romani, non riuscendo a reggere la pressione dei Latini, dovettero riparare tra i principes. In questo momento di smarrimento, il console Decio chiamò Marco Valerio a gran voce e gli gridò: «Abbiamo bisogno dell'aiuto degli dèi, Marco Valerio. Avanti, pubblico pontefice del popolo romano, dettami le parole di rito con le quali devo offrire la mia vita in sacrificio per salvare le legioni». Il pontefice gli ordinò di indossare la toga pretesta, di coprirsi il capo e, toccandosi il mento con una mano fatta uscire da sotto la toga, di pronunciare le seguenti parole, ritto, con i piedi su un giavellotto: «Giano, Giove, padre Marte, Quirino, Bellona, Lari, dèi Novensili, dèi Indigeti, dèi nelle cui mani ci troviamo noi e i nostri nemici, dèi Mani, io vi invoco, vi imploro e vi chiedo umilmente la grazia: concedete benigni ai Romani la vittoria e la forza necessaria e gettate paura, terrore e morte tra i nemici del popolo romano e dei Quiriti. Come ho dichiarato con le mie parole, così io agli dèi Mani e alla Terra, per la repubblica del popolo romano dei Quiriti, per l'esercito, per le legioni e per le truppe ausiliarie del popolo romano dei Quiriti, offro in voto le legioni e le truppe ausiliarie del nemico insieme con me stesso». Rivolta questa invocazione, ordinò ai littori di recarsi da Tito Manlio e di annunciare quanto prima al suo collega che egli si era offerto in sacrificio per il bene dell'esercito. Cintasi poi la toga con il cinto gabino, saltò a cavallo con le armi in pugno e si gettò in mezzo ai nemici

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