ABOLIAMO LA PENA DI MORTE Sallustio Latina Lectio

Messaggioda Beatrice Gasparri » 2 gen 2010, 21:27

la versione si intitola ABOLIAMO LA PENA DI MORTE (Di Sallustio pag. 195 n. 102 del libro Latina Lectio). INIZIO: Maiores nostri, patres conscripti, neque consilii neque audaciae eguere;............. FINE:.........Qui ex parvis opibus tantum imperium fecerunt. grazieate mille........

Beatrice Gasparri

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Messaggioda giada » 2 gen 2010, 21:53

passo originale di sallusio

metto i passi originali quando non ho la versione identica in modo che per lo meno possiate avere un aiutino

Dovete ricostruire la vostra traendo vantaggio dalle frasi tradotte che vedete qui bye

Maiores nostri, patres conscripti, neque consili neque audaciae umquam eguere; neque illis superbia obstat, quo minus aliena instituta, si modo proba erant, imitarentur. Arma atque tela militaria ab Samnitibus, insignia magistratuum ab Tuscis pleraque sumpserunt. Postremo, quod ubique apud socios aut hostis idoneum videbatur, cum summo studio domi exsequebantur: imitari quam invidere bonis malebant. Sed eodem illo tempore Graeciae morem imitati verberibus animadvortebant in civis, de condemnatis summum supplicium sumebant. Postquam res publica adolevit et multitudine civium factiones valuere, circumveniri innocentes, alia huiusce modi fieri coepere, tum lex Porcia aliaeque leges paratae sunt, quibus legibus exsilium damnatis permissum est. Hanc ego causam, patres conscripti, quo minus novum consilium capiamus, in primis magnam puto. Profecto virtus atque sapientia maior illis fuit, qui ex parvis opibus tantum imperium fecere, quam in nobis, qui ea bene parta vix retinemus. Placet igitur eos dimitti et augeri exercitum Catilinae? Minume. Sed ita censeo: publicandas eorum pecunias, ipsos in vinculis habendos per municipia, quae maxume opibus valent; neu quis de iis postea ad senatum referat neve cum populo agat; qui aliter fecerit, senatum existumare eum contra rem publicam et salutem omnium facturum."

«I nostri antenati, o padri coscritti, non difettarono mai né di raziocinio né di audacia; né v'era superbia che impedisse loro di imitare istituzioni straniere, se erano buone. Dai Sanniti presero armi di difesa e di offesa; dagli Etruschi la maggior parte delle insegne delle magistrature; infine, ciò che presso alleati o nemici appariva utilizzabile, con grande zelo cercavano di realizzarlo in patria: preferivano imitare piuttosto che invidiare i buoni esempi. Ma nel medesimo tempo, imitando l'uso dei Greci, facevano battere con le verghe i cittadini, e sottoponevano i condannati alla pena capitale. Dopo che la repubblica crebbe, e per la moltitudine dei cittadini presero vigore le fazioni, si cominciò a sopraffare gli innocenti e a compiere abusi di tal genere. Allora furono promulgate la legge Porcia e altre leggi, con le quali fu permesso ai condannati l'alternativa dell'esilio. Ritengo, o padri coscritti, che questo sia argomento capitale contro la decisione di prendere provvedimenti inusitati. Certo il valore e la saggezza furono maggiori in costoro, che da piccola potenza fecero un così grande impero, piuttosto che in noi, che a stento conserviamo i beni acquistati per loro merito. «Vorremo forse che essi siano liberati, e si rafforzi così l'esercito di Catilina? No davvero. Ma questo propongo: le loro ricchezze siano confiscate, essi si debbano tenere in catene nei municipi più forti e attrezzati, e nessuno poi ne venga a parlare in Senato o ne discuta con il popolo; chi avrà fatto diversamente, il Senato lo ritenga nemico dello Stato e della comune salvezza.»
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