Litterae deinde in senatu recitatae sunt Q. Minuci praetoris, cui Bruttii provincia erat: pecuniam Locris ex Proserpinae thesauris nocte clam sublatam nec ad quos pertineat facinus vestigia ulla exstare. indigne passus senatus non cessari ab sacrilegiis et ne Pleminium quidem, tam clarum recensque noxae simul ac poenae exemplum, homines deterrere. C. Aurelio consuli negotium datum ut ad praetorem in Bruttios scriberet: senatui placere quaestionem de expilatis thesauris eodem exemplo haberi quo M. Pomponius praetor triennio ante habuisset; quae inventa pecunia esset, reponi; si quo minus inventum foret, expleri ac piacularia, si videretur, sicut ante pontifices censuissent, fieri. curam expiandae violationis eius templi prodigia etiam sub idem tempus pluribus locis nuntiata accenderunt. in Lucanis caelum arsisse adferebant, Priverni sereno per diem totum rubrum solem fuisse, Lanuvi in templo Sospitae Iunonis nocte strepitum ingentem exortum.
Quindi venne letta una lettera in Senato del pretore Q. Minucio, che reggeva possedeva (con il comando) la provincia del Bruzzio: dai tesori di Proserpina a Locri era stato portato via di nascosto nelle ore notturne danaro e non esisteva traccia alcuna (e) a quali persone si riferisse il fatto del delitto. Il senato mal sopportò che non si smettesse (di esemirsi) dai sacrilegi e che neppure Pleminio, così chiaro e recente esempio di colpa e nello stesso tempo di pena, fosse un deterrente per gli uomini (rei). Al console C. Aurelio fu affidato l'incarico di scrivere al pretore nel Bruzzio che al senato piaceva che la questione dei tesori saccheggiati fosse trattata con lo stesso esempio in cui l'aveva trattata tre anni prima il pretore M. Pomponio; che fosse restituito quel danaro che fosse stato ritrovato; se fosse ritrovato in qualche minor misura, venisse reintegrato e, se paresse opportuno, si facessero sacrifici di espiazione come avevano in precedenza decretato i pontefice. Rafforzarono (lett. "accesero") la preoccupazione di espiare la profanazione di quel tempio anche eventi prodigiosi segnalati in parecchi luoghi poco prima dello stesso tempo. Riferivano che in Lucania il cielo aveva fiammeggiato, a Priverno per una intera giornata il sole era stato rosso, a Lanuvio nel tempio di Giunone salvatrice durante una notte si era levato un grande strepito (frastuono)