L'ANTICA ROMA REPUBBLICANA versione latino Sallustio

Messaggioda andrea1470 » 9 feb 2011, 15:16

avrei bisognio di questa versione di sallustio, dal libro "il nuovo latina lectio" pag 452 n 402

andrea1470

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Messaggioda *Yole* » 9 feb 2011, 15:29

metti inizio e fine della versione

*Yole*

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Messaggioda andrea1470 » 9 feb 2011, 15:34

inizio:"ubi regium imperium in superbiam dominationemque se convortit (Romani)"
fine:"populus romanus parva manu fuderit quas urbis natura munitas pugnando ceperit ni ea res longius nos ab incepto traheret"

andrea1470

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Messaggioda andrea1470 » 9 feb 2011, 16:24

ce l'avete ??? è davvero molto urgente

andrea1470

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Messaggioda giada » 9 feb 2011, 16:26

ubi regium imperium, in superbiam dominationemque se convortit, immutato more annua superia binosque imperatores sibi fecere; eo modo minume posse putabant per licentiam insolescere animum humanum.

Ea tempestate coepere se quisque magis extollere magisque ingenium in promptu habere. Nam regibus boni quam mali suspectiores sunt semperque iis aliena virtus formidulosa est. Sed civitas incredibile memoratu est adepta libertate quantum brevi creverit: tanta cupido gloriae incesserat. Iam primum iuventus, simul ac belli patiens erat, in castris per laborem usum militiae discebat magisque in decoris armis et militaribus equis quam in scortis atque conviviis lubidinem habebant. Igitur talibus viris non labor insolitus, non locus ullus asper aut arduus erat, non armatus hostis formidulosus: virtus omnia domuerat. Sed gloriae maxumum certamen inter ipsos erat: se quisque hostem ferire, murum ascendere, conspici, dum tale facinus faceret, properabat. Eas divitias, eam bonam famam magnamque nobilitatem putabant. Laudis avidi, pecuniae liberales erant, gloriam ingentem, divitias honestas volebant. Memorare possum, quibus in locis maxumas hostium copias populus Romanus parva manu fuderit, quas urbis natura munitas pugnando ceperit


Quando il potere regio, , degenerò in una superba tirannide, mutarono sistema di governo, si diedero due capi che avessero potere annuale: in tal modo pensavano che l'animo umano non potesse più insolentire senza freni.


in quel tempo, ognuno cominciò a sollevare le sue aspirazioni e a mettere maggiormente in mostra il suo ingegno. Infatti i re hanno in maggior sospetto i buoni che i malvagi, e sempre incute loro timore il valore altrui. Ma conquistata la libertà, è incredibile a dirsi la rapidità con cui la città si accrebbe: tanto la percorse il desiderio di gloria. In primo luogo la gioventù, non appena adatta alle armi, con strenua fatica apprendeva in campo l'arte della guerra; li prendeva brama di belle armi e di destrieri, più che di cortigiane e di festini. Dunque per tali uomini non v'era fatica insolita, non luogo aspro o arduo, non nemico terribile in armi: il valore domava tutto. Ma il più ardente conflitto per la gloria era fra loro stessi, ognuno anelava colpire un nemico, scalare un muro, essere scorto mentre compiva tale impresa. Queste ritenevano essere le ricchezze, questo il buon nome, questa la grande nobiltà. Avidi di gloria, erano liberali di danaro; volevano grande fama, oneste ricchezze. Potrei ricordare in qual luogo il popolo romano con una piccola schiera abbia messo in fuga ingenti forze nemiche, quali roccaforti naturali abbia conquistato in battaglia,

giada

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