Confronto tra iliade, odissea ed eneide

Messaggioda Gaio85 » 30 ago 2012, 9:42

I tre poemi dell’Iliade, dell’Odissea e dell’Eneide, appartengono al genere letterario dell’epica e come tali si presentano come lunghe narrazioni in versi esametri che hanno come protagonisti uomini dotati di caratteristiche straordinarie: sono belli, forti, coraggiosi e spesso semidivini, perché figli di un genitore mortale e di una divinità. Anche queste ultime sono protagoniste dei tre poemi e vengono rappresentate con gli stessi vizi e difetti degli uomini.
L’Iliade e l’Odissea vengono composte molti secoli prima dell’Eneide e tramandate oralmente fino alla fine del VI secolo d. C., quando il tiranno ateniese Pisistrato volle che venissero messi per iscritto. La figura del loro autore, Omero, è avvolta nella legenda e ha fatto nascere diverse teorie tra gli studiosi: secondo alcuni Omero non è mai esististo, secondo altri l’Iliade sarebbe opera di un Omero ancora giovane, mentre l’Odissea di un Omero ormai anziano.
I due poemi, infatti, divisi ciascuno in ventiquattro libri, presentano temi differenti: l’Iliade si concentra sull’ira dell’eroe greco Achille, un episodio che occupa l’ultimo anno del decennale conflitto tra greci e troiani; l’Odissea, invece, narra le peripezie di Odisseo durante il viaggio di ritorno da Troia, e le difficoltà da lui affrontate in patria, per riconquistare la propria casa e il proprio ruolo.
Tra i due poemi esistono, perciò, differenze a livello di contenuto: nel primo vengono valorizzati il coraggio, l'onore, l'amore per la patria. Compiere imprese gloriose in guerra è visto come un modo per guadagnarsi l'immortalità, perché le gesta degli eroi vengono ricordate per sempre. I sentimenti umani sono messi in secondo piano rispetto a questi ideali. Nel secondo i temi cardine sono quelli della nostalgia della patria e del viaggio di ritorno a Itaca. Sono valorizzati, dunque, l'amore per la patria, l'amore coniugale e la voglia di conoscere. Tutti questi ideali sono incarnati da Odisseo, che rispetto agli eroi dell'Iliade sembra più simile agli altri mortali e non si distingue per la forza, bensì per l’astuzia e l’intelligenza pratica (la métis). Egli, infatti, dimostra anche di avere intenzione di conservare la sua natura umana nel momento in cui rifiuta l'offerta di Calipso di sposarla e diventare immortale.
Quanto all’Eneide, essa comprende dodici libri scritti dal poeta latino Virgilio, tra il 29 e il 19 a. C.. È considerato il più importante poema epico della letteratura latina e trae il proprio titolo dal protagonista delle vicende narrate, un altro eroe troiano reduce dalla famosa guerra ricordata nei poemi omerici: Enea.
La scelta di Virgilio non è però casuale poiché nel comporre quest’opera egli tiene presente il modello omerico, anche se, tuttavia, lo rilegge e lo rielabora. Così i primi sei libri hanno per tema il viaggio del protagonista da Troia fino alle coste del Lazio, ispirandosi all’Odissea, mentre gli ultimi sei si richiamano all’Iliade perché trattano la guerra che Enea deve affrontare una volta giunto nel Lazio.
L'ideale che viene esaltato è la pietas, che comprende l'amore per la famiglia e per la patria e il rispetto per gli dei e la capacità di abbandonarsi alla volontà del Fato, lasciando stare tutto il resto. Enea incarna perfettamente questi ideali: abbandona Didone per portare a termine il progetto del Fato ed abbandona anche Creusa, la moglio, durante il sacco di Troia, sempre per la stessa ragione. Se combatte o esplora nuovi posti lo fa per pura necessità, e non per conquistare la gloria o per soddisfare la sua voglia di conoscere. Inoltre in questo poema molto spazio è lasciato anche ai sentimenti umani, come avviene nel brano su Eurialo e Niso e in quelli sulla storia tra Enea e Didone.
I tre poemi presentano molte differenze, nonostante l’Eneide abbia come modello entrambe le opere omeriche. La differenza principale sta nei contenuti e nei valori che vengono esaltati nelle rispettive opere: nell’Iliade e nell’Odissea vengono elogiati i valori e le credenze della società greca arcaica (in particolare i valori individuali dell’aristocrazia guerriera di quel tempo, quali il coraggio, l'onore, l'amore per la patria, la gloria e la fama che vengono conseguite solo con i duelli e spesso con la morte; il viaggio, la nostalgia e l’amore per la famiglia e per la patria); l’Eneide, invece, viene commissionata a Virgilio dall’imperatore Augusto con lo scopo principale di celebrare Roma e il nuovo governo iniziato col suo principato. La nascita di Roma viene vista come un evento voluto dal destino, mentre Augusto è celebrato in quanto discendente di Enea ed è visto come colui che ha riportato la pace dopo un periodo travagliato come quello della guerra civile e si è preso il gravoso impegno di guidare l'impero. L'Eneide ha inoltre l’intento di diffondere i valori che la politica di Augusto cercava di reintrodurre tra i Romani: la semplicità dei costumi, la clemenza verso il nemico vinto, lo spirito di sacrificio, la pietas (ovvero il rispetto e la devozione verso gli dei e la patria), la lealtà, la devozione, la capacità di sopportare le avversità, la giustizia, l’amore per la famiglia e per la patria.
Un'altra differenza sta nel fatto che l'Iliade e l'Odissea prima di essere trascritte venivano tramandate oralmente e spesso durante questa fase devono aver subito alcune modifiche. Quello dell'Eneide, invece, è un poema elaborato per essere letto e non ha subito una precedente fase di trasmissione orale.
Infine riguardo allo stile e alle tecniche narrative, alcune caratteristiche differenti emergono già dai proemi. Mentre l’autore dell’Iliade e dell’Odissea nei due proemi si affida alla Musa per ricevere l’ispirazione, iniziando con la formula fissa “canta”, riferito appunto alla dea, e narrando tutte le vicende in terza persona singolare, senza mai intervenire in prima persona a commentare fatti ed eventi, salvo che in uno degli episodi più commoventi dell’intera opera, quello che riguarda la morte del giovane Patroclo. Al contrario Virgilio esordisce con la formula “canto” e prosegue la narrazione in prima persona singolare, intervenendo a commentare i fatti, rivolgendosi direttamente ad alcuni personaggi (per esempio alla regina Didone disperata per l’abbandono da parte di Enea) ed esprimendo in generale una forte partecipazione emotiva che lo fa allontanare dalla tradizionale oggettività dell’epica.
Pertanto bisogna definire Omero un narratore esterno, onnisciente, ma nascosto e oggettivo, e Virgilio un narratore esterno palese e onnisciente.
Per il resto la fabula e l’intreccio non coincidono in nessuno dei tre poemi, infatti tutti e tre iniziano in medias res e recuperano i fatti precedenti ricorrendo al flashback oppure usano anticipazioni ( anche se queste ultime sono più numerose nell’Eneide). Sul piano linguistico si fa largo uso di espressioni formulari e similitudini, tipiche del genere epico, e tra i tre il poema di Virgilio è in assoluto quello che più eccelle per la ricchezza del lessico.
Infine mentre nei poemi omerici le indicazioni temporali sono precise e chiaramente menzionate (nell’Iliade gli ultimi cinquanta giorni del decimo e ultimo anno di guerra; nell’Odissea la narrazione copre un arco di circa quaranta giorni dal momento in cui Ermes va da Calipso per ordinargli di lasciare andare Odisseo fino all’arrivo ad Itaca di quest’ultimo e alla riconquista della reggia. I fatti recuperati tramite il flashback si riferiscono, però, ai dieci anni passati per il viaggio di ritorno da Troia, più altri dieci anni trascorsi per la guerra a cui Omero aveva preso parte), nell’Eneide rimangono, invece, vaghe e non scandiscono con precisione gli eventi, si intuisce solo che gli eventi occupano un arco cronologico di molti mesi.

Gaio85

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Messaggioda giada » 30 ago 2012, 10:15

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