LATINO LETTERATURA, TITO LIVIO (opera, fonti, pensiero ecc)

Messaggioda Ileanuccia » 29 set 2012, 11:33

TITO LIVIO
E’ l’ultimo autore dell’età augustea, periodo storico che si estende per circa 60 anni, dal 43 a.C. al 17 d.C. (morte di Ovidio e dello storiografo Livio), prende il nome di età augustea sebbene Ottaviano, successore di Cesare, muoia nel 14 d.C. (poniamo il 17 per gli autori del periodo). E’ uno storico romano come Tacito. Nasce nel 64 o nel 59 a.C. a Patavium cioè Padova, città repubblicana, da famiglia probabilmente aristocratica dato che nella sua opera disprezza la plebe. La posizione di Livio fu simile a quella di Pompeo e Cicerone, tanto che Ottaviano chiamava affettuosamente Livio “pompeiano”, in quanto la sua ideologia fu opposta a quella di Cesare; Livio riconobbe però i meriti in campo sociale ed economico di Ottaviano, che anch'egli voleva restaurare gli antichi mores (la pietas dei tempi antichi, caratteristica dell'Enea di Virgilio, l'importanza della coltivazione dei campi, argomento delle Georgiche di Virgilio; Agrippa fece anche restaurare i templi delle divinità antiche). Pompeo e Cicerone miravano al recupero degli antiqui ac boni mores. Frequentò il circolo di Mecenate ma non ne prese parte. Livio, non prendendo parte alla vita politica al contrario di molti storiografi che furono costretti al suicidio poiché ritenuti pericolosi, non entrò mai in conflitto con Ottaviano che, da parte sua, si proponeva come restauratore e continuatore dei valori della tradizione repubblicana e preferiva rapportarsi idealmente a Pompeo piuttosto che a Cesare, che gli appariva come un sovvertitore della repubblica in quanto aspirava ad un potere assoluto e privo di controllo. Augusto si proclamava inoltre come protettore della pietas e della religio, opponendo ai nuovi culti orientali che si stavano diffondendo gli antichi culti e riti. Livio fu a favore dei tirannicidi e portava rispetto per gli stessi uccisori di Cesare, Bruto e Cassio. Livio lasciò presto la sua città natale per trasferirsi a Roma, dove studiò abitò per gran parte della sua vita e dove ebbe la possibilità di legarsi al Principe. Livio visse nel periodo della guerra di Azio (31 a.C.), momento in cui Ottaviano eliminò Antonio e Cleopatra, nel 27 assunse il titolo di Augusto e comincia una nuova epoca: si ha quindi bisogno di una nuova riflessione. La sua formazione, vivendo a Roma, fu di tipo ciceroniano: infatti privilegiò la retorica e scrisse anche opere di retorica, a noi non giunte. Morì nel 12 o nel 17 d.C. a Padova, dove lo storico si era ritirato negli ultimi anni della sua esistenza, tre anni dopo la morte di Ottaviano.
AB URBE CONDITA LIBRI O STORIE [Libri dalla fondazione della città]
L'opera fu scritta dall'autore, circa trentenne, mentre era a Roma. L’autore chiama la sua opera a volte con il nome di annales (poichè racconta gli eventi anno per anno, secondo un criterio annalistico, anche se fa eccezioni per le lunghe guerre così da non interrompere la narrazione, rispettando però le pentadi e le decadi) e altre volte con libri. Plinio il Vecchio, nella prefazione della Naturalis historia, chiama l’opera di Livio “historiae” (ricerca). L’opera è giunta a noi solo in parte, era costituita da 142 libri in cui veniva narrata la storia di Roma dalle origini (fuga di Enea da Troia) fino alla morte di Druso, figlio adottivo ed erede di Augusto, fratello di Tiberio, avvenuta in Germania nel 9 a.C. L'anno 9 a.C. rappresenta un anno traumatico per i Romani, che persero le tre legioni nella battaglia di Teutoburgo. L’opera fu iniziata tra il 31 o il 27-25 a.C. fino alla morte di Livio; si pensa che intendesse concluderla con la morte di Augusto nel 14 d.C. e che quindi i libri divenissero 150 ma non ci riuscì perché scriveva la media di tre libri l'anno e la morte lo colse prima. L’opera fu probabilmente pubblicata a gruppi di dieci (decadi) o di cinque (pentadi) libri; anche Ennio, seguendo un criterio ellenistico, aveva pubblicato la sua opera in triadi o esadi. Si sono conservati 35 libri: i libri 1-10 (prima decade), i libri 21-45 (la terza e la quarta decade e metà della quinta). L’opera ci è giunta frammentaria anche a causa della sua estensione, Marziale affermò che tutta l'opera non entrava nella sua biblioteca. Al posto di essa già dal I sec. si diffusero i riassunti dell'opera, gli Epitomi, come quello giuntoci di Anneo Floro,del II sec.; Dal IV sec. cominciarono a diffondersi pure alcuni riassunti più sintetici dei precedenti, chiamati Periochae. I riassunti testimoniano come i Romani ritenevano necessaria la conoscenza delle Storie ed essi inoltre resero note delle conoscenze storiche che sarebbero andate perdute. L'opera di Livio, a causa della diffusione dei più pratici riassunti, non venne quindi più copiata e quindi a noi sono giunti soltanto 35 libri. Noi conosciamo l'intero contenuto dell'opera grazie ai riassunti. Non ci sono giunti i dialoghi, le opere retoriche e quelle filosofiche di Livio. Livio si dedicò anche alla recitatio, infatti le persone venivano sin dalla Spagna per ascoltare la lettura dell'opera, cosicché anche coloro che non sapevano leggere venivano a conoscenza del contenuto dello scritto; Livio aveva una fama così vasta poichè era considerato lo storico dell'impero, come successivamente Tacito. Nel Medioevo, le Storie furono valutate positivamente dal punto di vista artistico da Dante; anche in età umanistico-rinascimentale Machiavelli scrisse i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, in cui le Storie sono un punto di riferimento insostituibile.
DECADI
I DECADE (libri 1-10): dal mito di Enea e la conseguente origine di Roma (753 a.C., fa l' archaiologhia presa da Tucidide) al 293 a.C. (battaglia di Aquilonia, vinta dai Romani, considerata la fine della terza guerra sannitica). Narra anche di Romolo, dei 7 re, della fondazione della Repubblica di Roma (509 a.C.) che, esasperata dal potere etrusco, diventa finalmente padrona del proprio destino. Questo è un periodo di fioritura assoluta.
III DECADE: è una monografia sulla seconda guerra punica (218 - 202 a.C., particolare riferimento ad Annibale)
IV DECADE: Guerre in oriente, 202 (anno della guerra di Zama, ultima battaglia della seconda guerra punica) - 179 a.C.
META’ V DECADE: Guerra macedonica contro Perseo, sconfitto nella battaglia di Pidna, dal 179 al 167 a.C.
Sebbene la II DECADE non ci sia giunta, sappiamo l'argomento grazie ai riassunti: la prima guerra punica, la battaglia di Pirro, la guerra di Taranto. Man mano che gli eventi diventano più recenti, il numero dei libri ad essi dedicati aumenta, dato che possiede più fonti oltre alla sua memoria personale: ciò avviene per soddisfare le aspettative del lettore, che mostrava maggior interesse per le vicende più recenti. A Livio però piace parlare degli avvenimenti degli anni passati perché la grandezza di Roma in quei tempi si basava su virtù pian piano affievolitesi. Gli arcaismi diminuiscono invece con l’avvicinarsi degli eventi recenti, per gli episodi più vicini a lui Livio usa uno stile lineare mente invece per gli episodi più lontani nel tempo usa uno stile ricco di elementi poetici, elevato; gli arcaismi (per es. -ere al posto di -erunt) sono presenti o a causa di una cura estrema che lo porta ad adattare la lingua quando parla di cose antiche che contribuisce a dare una patina di eleganza o perché non purifica le fonti dagli arcaismi, l’actum è l’adattamento della lingua all’epoca di cui si scrive. Al contrario di Sallustio, che usa la brevitas (utilizzo di frasi concise), secondo Quintiliano, Livio utilizza la lactea ubertas (lattea ricchezza, abbondanza dolce come il latte: è un’espressione metaforica poiché il richiamo al latte, elemento naturale altamente nutritivo che scaturisce spontaneamente da un organismo per segreto potere della natura e capace di nutrire gli altri mostra come la scrittura di Livio fosse scorrevole, non sintetica e spontanea): si potrebbe dire che Livio fa un'espansione della concinnitas (stile elegante, caratterizzato da periodi lunghi e complessi, con molte subordinate) ciceroniana. L’opera di Livio poteva essere profondamente soddisfacente per tutti coloro che badavano più alla bellezza dell’esposizione che non alla fedeltà storica o verità; Quintiliano fa anche riferimento al candor, limpida chiarezza dello stile di Livio. Sebbene lo stile di Livio si avvicini a quello di Cicerone (infatti lo stile dello storico è caratterizzato dalla varietà dei toni, da uno stile scorrevole), come Sallustio aveva come modello Tucidide, il periodare liviano è carico di troppi particolari importanti in un unico lungo discorso rispetto a quello di Cicerone: il periodo ciceroniano è fatto per esser ascoltato, quello di Livio per esser letto. Una delle caratteristiche di Livio, identificate da Asinio Pollione e riferitaci da Quintiliano, è la “patavinitas” (patavinità): può essere identificata o con l’uso di costruzioni dialettali oppure con il riferimento all’ambiente bucolico di Virgilio (dove regna uno stile di vita di tipo provinciale, caratterizzato dalla sobrietà di costumi e da uno stile di vita sobrio, in contrasto con l’ambiente cittadino privo di valori). Altri caratteri di Livio sono: vari episodi collegati al periodo storico in cui sono presenti i vari exempla (su cui ci si deve basare, nella Praefatio dice "quod imitere capias, quod vites") di virtutes, negli exempla utilizza la drammatizzazione (infatti ci sono numerose scene ricche di pathos, come la storia di Lucrezia; si dovrebbe parlare più di ethos che di pathos, la sua narrazione è più sentimentale, lontano da quello passionale di Sallustio), resa col discorso indiretto (serve per delineare gli stati d’animo delle folle) e diretto (del personaggio stesso, per es. Lucrezia, serve a chiarire il pensiero del singolo individuo e a caratterizzarlo), non storia morale e non politica (non politicamente coinvolto), historia magistra vitae (le figure storiche importanti sono un modello per i Romani contemporanei, cerca di far capire ai Romani quali errori sono stati commessi soprattutto a causa dei vizi che hanno preso il sopravvento sugli antiqui ac boni mores), la storia è opus oratorium maxime (già detta da Cicerone, la storia deve essere resa come fosse un argomento dell’oratoria, la storia è un'opera di affabulazione), la decadenza (è pessimista), uso indiscriminato nelle fonti (o prendeva quella più completa e accreditata, se ve ne erano due ugualmente note le usava entrambe trattando più ampiamente quella favorevole per i Romani: basti pensare alla Piccola Eneide "duplex inde fama est alii tradunt") che porta agli errori, criterio annalistico, glorificazione di Roma, egli non è parziale infatti la sua storiografia è tendenziosa (Roma è per lui la città più grande del mondo, esalta gli aspetti positivi mentre invece non parla delle sconfitte o le sintetizza) ed interesse limitato per gli altri popoli (la sua storia è romanocentrica, il ruolo degli altri popoli dei quali narra è far emergere ex contrario le grandi virtù del popolo romano). Livio afferma che, se Alessandro Magno fosse vissuto in questo periodo, anche lui, grande conquistatore, avrebbe perso contro Roma. Gli dei sono i veri artefici delle vicende umane, la grandezza di Roma si fonda sulla volontà divina che non permetterà mai il declino della città.
STORIOGRAFIA
La storiografia di Livio non è scientifica, non ricerca la verità; non si può considerarlo neanche un vero storico. Oggi un'opera viene ritenuta storica solo se scientifica, Tucidide fa una storiografia scientifica: egli stesso, avendo partecipato alla guerra del Peloponneso, usa una terminologia adatta pèr descrivere la battaglia. La storia per lui è narrazione, secondo l’idea ciceroniana; la storia è attività retorica per Livio. Proprio questa è la causa del successo dello storico: egli, come dice Leopardi, è bravo a scrivere, fa appassionare come se si stesse leggendo un romanzo poichè la sua storiografia è di tipo tragico (fu molto di moda nel periodo ellenistico, anche Ennio in parte fa storiografia tragica poichè la storia per lui è una carrellata di grandi personalità). La storia non è caratterizzata per lui da processi di sviluppo ma è un enorme affresco in cui sono raffigurati i grandi personaggi che hanno costruito la grandezza romana. Al contrario di Sallustio e Polibio, Livio narra i miti (volo degli uccelli, comete), che secondo lui rappresentano la coscienza collettiva, i valori e i prodigi delle divinità. Livio non ricerca il rapporto causa-effetto come Tucidide, non si occupa di archeologia come lui. Tucidide si occupa di ricercare e vagliare le fonti, Livio vuole glorificare il potere di Roma, non ha accortezza nel ricercare le fonti e, sceltane una, la utilizza integralmente al massimo inserendo altre notizie. Livio, soprattutto degli eventi più antichi, non possiede fonti dirette, non ha una visione autoptica in quanto non conosce i luoghi di cui parla poichè non c'è stato e non ha combattuto le guerre che narra. Per esempio, narra in maniera molto favolistica l'attraversamento di Annibale delle Alpi. Livio si basò soprattutto sul recupero della tradizione annalistica ed ebbe come fonte soprattutto Polibio, il quale giustificava la politica espansionistica ed imperialistica romana in linea con gli interessi ed i progetti politici degli Scipioni; Polibio fu uno storico stratega del II secolo, battuto dai Romani, scrive le sue storie in maniera romanocentrica (Livio riprende questa caratteristica), in quanto Roma fu capace di mantenere un potere enorme in confronto a tutti gli altri popoli; Polibio formulò la teoria dell'anaciclosi (teoria successivamente ripresa da Machiavelli): monarchia, aristocrazia e democrazia degenerano in qualunque caso tranne Roma, che non sarebbe degenerata perché la sua costituzione si fondava sull'equilibrio delle tre forme politiche "benigne": il consolato, che rappresentava il potere monarchico, il Senato quello aristocratico ed infine i tribuni (potere democratico). Come fonti, Livio utilizza soprattutto gli Annales Maximi, le opere poetiche e quelle greche (infatti la prima annalistica era greca e nasce in Grecia). Livio intende individuare le caratteristiche che hanno portato il popolo romano alle grandi conquiste. Livio è pessimista, infatti individua nel presente una degenerazione rispetto all’antichità. Il potere di Augusto è per lui il minore dei mali, un rimedio ai grandi mali: la pax fa cessare le guerra ma fa comunque perdere la libertà; è necessario tollerare la fatica di perdere la libertà. Livio stimava la concordia ordinum tanto cara a Cicerone che, senza la Pax Augusta, non poteva realizzarsi. Il popolo romano è scosso a causa del passaggio dalla repubblica (in cui ci sono più controlli politici) al principato (in cui c’è un solo uomo al potere). Sebbene la storiografia di Livio abbia un’impronta moralistica come in Sallustio in quanto crede che le cause della crisi romana siano da individuare nell’allontanamento dalla tradizione e nella decadenza dei valori su cui si fondava la res publica, la differenza principale tra i due è che Livio spera che alcune virtù continuino a mantenersi mentre Sallustio considera la realtà una totale degenerazione delle antiche virtù. La letteratura ha per Livio due intenti: consolatorio, per mezzo della sua bellezza, e formativo-moralistico, racconta gli eventi passati affinché i suoi contemporanei si possano ispirare a essi. Le novità e i cambiamenti rappresentano per lui una degenerazione, offre ai contemporanei in modo anacronistico i valori del passato. L'elemento moralistico è una caratteristica fondamentale per la storiografia: Sallustio, contemporaneo (scrive tra il 40-30 a.C.) di Livio, sosteneva che i Romani si fossero lasciati andare dopo la fine del "metus hostilis" cartaginese; moralisti furono anche Catone (II sec. a.C.), che taceva i nomi dei condottieri nei suoi scritti e il successivo Tacito. Livio riconosce che anche Roma sia ormai corrotta dal vizio ma sostenne che ciò avvenne più tardi rispetto a qualunque altro stato e nessun altro popolo può essere da esempio per moralità come quello romano. L’opera di Livio e di Virgilio hanno un obiettivo comune: ricollegare il presente con il passato glorioso di Roma, dimenticato a causa degli anni bui delle guerre civili, recuperando i valori del popolo romano.

Ileanuccia

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Messaggioda giada » 30 set 2012, 10:07

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