alessandro manzoni vita e biografia opere

Messaggioda angelarafaiolo » 7 ott 2012, 7:55

Nasce a Milano il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria e da don Pietro Manzoni, figlio di Alessandro Valeriano, pronipote di un ricchissimo mercante - imprenditore lecchese, Giacomo Maria Manzoni, e di Margherita di Fermo Porro.
I suoi primi due anni di vita li trascorre nella cascina Costa di Galbiate, tenuto a balia da Caterina Panzeri. Questo fatto è attestato dalla targa tuttora affissa nella cascina. In seguito alla separazione dei genitori (la madre dal 1793 convive con il colto e ricco Carlo Imbonati, prima in Inghilterra, poi in Francia, a Parigi), Alessandro Manzoni viene educato in collegi religiosi; dal 1796 al 1798 presso il collegio Sant'Antonio dei padri Somaschi a Merate e Lugano (ebbe come insegnante Francesco Soave), poi presso i Barnabiti. Pur essendo insofferente di tale pedantesca educazione, della quale denunciò i limiti anche disciplinari, e pur venendo giudicato uno studente svogliato, da tali studi gli deriva una buona formazione classica e il gusto per la letteratura. Nel 1799 sviluppa una sincera passione per la poesia e scrive due notevoli sonetti. Il nonno materno gli insegna a trarre dall'osservazione del reale conclusioni rigorose e universali.
Il giovane Manzoni dal 1801 al 1805 vive con l'anziano padre, don Pietro, dedica buona parte del suo tempo alle ragazze e al gioco d'azzardo e ha modo anche di frequentare l'ambiente illuministico dell'aristocrazia e dell'alta borghesia milanese. Il compiacimento neoclassico del tempo gli ispira le prime esperienze poetiche, modulate sull'opera di Vincenzo Monti, idolo letterario del momento. Ma, oltre questi, Manzoni si volge a Giuseppe Parini, portavoce degli ideali illuministici nonché dell'esigenza di moralizzazione, e a Francesco Lomonaco, un esule lucano. A questo periodo si devono Il trionfo della libertà, Adda, I quattro sermoni che recano l'impronta di Monti e di Parini, ma anche l'eco di Virgilio e di Orazio. Il metodo di scrittura e di poetare manzoniano di questo periodo è molto legato alla tradizione classica.
Nel 1805 raggiunge la madre nel quartiere di Auteuil a Parigi, dove passa due anni, partecipando al circolo letterario dei cosiddetti ideologi, filosofi di scuola ottocentesca, tra i quali si fa tanti amici, in particolare Claude Fauriel (il quale avrà una forte influenza sulla formazione del Manzoni; infatti Fauriel inculca ad Alessandro un grande interesse per la storia e gli fa capire che non deve scrivere seguendo modelli rigidi e fissi nel tempo, ma deve riuscire a esprimere sentimenti che gli permettano di scrivere in modo più "vero", in maniera da "colpire" il cuore del lettore) e ha modo di apprendere le teorie volterriane. Alessandro s'imbeve della cultura francese classicheggiante in arte, scettica e sensista in filosofia (i sensi sono alla base della conoscenza; l'illuminismo è la critica razionale della realtà; lotta al pregiudizio e alla tradizione derivata dall'autorità; i problemi religiosi non si basano sull'esperienza, ma sulla superstizione) e assiste all'evoluzione del razionalismo verso posizioni romantiche.
Nel 1806-1807, mentre si trova ad Auteuil, appare per la prima volta in pubblico come poeta, con due pezzi, uno intitolato Urania, in quello stile neoclassico del quale poi lui stesso diventerà il più strenuo avversario; l'altro, invece, un carme commemorativo in endecasillabi sciolti, sulla morte del conte Carlo Imbonati, dal quale, attraverso la madre, erediterà un patrimonio considerevole, tra cui la villa di Brusuglio, diventata da allora sua principale residenza.
Per mezzo del Fauriel, Manzoni entra in contatto con l'estetica romantica tedesca prima ancora che Madame de Staël la diffonda in Italia. Nel 1809, dopo la pubblicazione del suo poemetto Urania, Manzoni dichiara che non scriverà più versi simili, aderendo alla poetica romantica, secondo la quale la poesia non deve essere destinata a una élite colta e raffinata, bensì deve essere di interesse generale e interpretare le aspirazioni e le idee dei lettori. Manzoni è ormai sulla via del realismo romantico; tuttavia non accetterà mai la convinzione propria sia del romanticismo sia dell'amico Fauriel, che la poesia debba essere espressione ingenua dell'anima e quindi non rinuncerà mai al dominio intellettuale del sentimento e a una controllata espressione formale, caratteristica del romanticismo italiano.


Monumento ad Alessandro Manzoni a Lecco. Sullo sfondo il monte Resegone.
Nel 1811, già anticlericale per reazione all'educazione ricevuta e indifferente, più che agnostico o ateo, riguardo al problema religioso, Manzoni si riavvicina alla Chiesa. Nel 1808, a Milano, lo scrittore aveva sposato la calvinista Enrichetta Blondel (1791-1833), figlia di un banchiere ginevrino; il matrimonio si rivelò felice, coronato dalla nascita di 10 figli. Tornato a Parigi la frequentazione con il sacerdote Eustachio Degola, genovese, giansenista (che da Sant'Agostino deriva l'interpretazione assolutistica del problema della predestinazione, della grazia e del libero arbitrio), porta i due coniugi l'una all'abiura del calvinismo e l'altro a un riavvicinamento alla pratica religiosa cattolica (1810).
Tale riconciliazione con il cattolicesimo è per lo scrittore il risultato di lunghe meditazioni; il suo atteggiamento, pur nella sua stretta ortodossia (cioè nell'esigenza di attenersi rigorosamente ai dettami della Chiesa), ha coloriture gianseniste che lo portano alla severa interpretazione della religione e della morale cattoliche. La riscoperta della fede fu per Manzoni la conseguenza logica e diretta del dissolversi, nei primi anni dell'Ottocento, del mito della ragione, concepita come perennemente valida e certa fonte di giudizio, donde la necessità di individuare un nuovo sicuro fondamento della moralità. Persa, quindi, la speranza di raggiungere la serenità per mezzo della ragione, la vita e la storia gli parvero romanticamente immerse in un vano, doloroso, inspiegabile disordine: per non abbandonarsi alla disperazione bisognava trovare un fine ultraterreno. Nel Manzoni, quindi, l'irrequietezza esistenziale si compone nella fede fervente conciliandola con la fermezza intellettuale.
La sua energia intellettuale nel tempo immediatamente successivo alla conversione fu impegnata nella composizione di cinque Inni Sacri: La Resurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione e La Pentecoste, ovvero una serie di liriche sulle principali festività liturgiche. Si dedicò inoltre a un trattato, Osservazioni sulla morale cattolica, intrapreso sotto la guida religiosa di monsignor Luigi Tosi (cui il Degola aveva affidato la guida spirituale della famiglia Manzoni al loro ritorno in Italia) in riparazione alla sua iniziale lontananza dalla fede.
Importante nella evoluzione spirituale di Manzoni fu anche Antonio Rosmini, con cui strinse una profonda amicizia. Rosmini, sul letto di morte, avrà proprio il conforto di Manzoni, a cui lascerà questo testamento spirituale: Adorare, Tacere e Godere.
Nel 1818 mise in vendita tutti i suoi possedimenti lecchesi, tra cui la villa di famiglia del Caleotto dove aveva trascorso tutta l'infanzia e l'adolescenza. Intendeva trasferirsi definitivamente in Francia e aveva messo in vendita anche la casa di via Morone a Milano, ma dovette aspettare un anno poiché le autorità austriache gli negarono il passaporto.
Nel settembre del 1819 Manzoni partì per Parigi, dove fu ospite per più d'un mese di Sophie de Condorcet. Insieme a lui undici persone: i genitori, cinque figli, nonna Giulia e tre domestici. Nella capitale francese il Manzoni frequenta lo storico Augustin Thierry (1795-1856) e il filosofo Victor Cousin (1792-1867), che tornerà con lui in Italia e sarà ospite a Brusuglio e a Milano.
Nel 1819 Manzoni pubblicò la sua prima tragedia, Il Conte di Carmagnola, che generò una viva controversia perché violava coraggiosamente tutte le convenzioni classiche. Un articolo pubblicato su un'importante rivista letteraria lo criticò severamente; dall'altro lato fu addirittura Goethe a replicare in sua difesa, insieme al meno famoso critico ligure Trincheri da Pieve.
La morte di Napoleone nel 1821 ispirò a Manzoni il noto componimento lirico Il cinque maggio. Gli eventi politici di quell'anno, uniti alla carcerazione di molti suoi amici, pesarono molto sulla mente di Manzoni e il suo lavoro di quel periodo fu ispirato soprattutto dagli studi storici, nei quali cercò distrazione dopo essersi ritirato a Brusuglio.
Intanto, con l'episodio dell'Innominato, storicamente identificabile come Francesco Bernardino Visconti (ma di recente critici come Enzo Raimondi vedono nel Manzoni stesso la fonte letteraria del personaggio), iniziò a prendere forma il romanzo Fermo e Lucia, la versione originale de I promessi sposi, ambientato nei luoghi lecchesi della sua infanzia, che fu completato nel settembre 1822. Dopo la revisione da parte di amici tra il 1823 e il 1827, esso fu pubblicato, un volume per anno, portando a un tratto grande fama letteraria all'autore.
Sempre nel 1822, Manzoni pubblicò la sua seconda tragedia, Adelchi, che tratta del rovesciamento da parte di Carlo Magno della dominazione longobarda in Italia e che contiene molte velate allusioni all'occupazione austriaca; in particolare la figura di Ermengarda ricorda quella dell'amica d'infanzia Teresa Casati in Confalonieri, per la quale nel 1830 comporrà l'epitaffio tombale presso lo storico Mausoleo Casati Stampa di Soncino in Muggiò (Milano).
In seguito Manzoni, per dare vita alla stesura finale del romanzo a livello formale e stilistico, si trasferì a Firenze nel 1827, in modo da entrare in contatto e "vivere" la lingua fiorentina delle persone colte, che rappresentava per l'autore l'unica lingua dell'Italia unita. L'11 dicembre 1827 fu eletto socio dell'Accademia della Crusca. Rielaborò I promessi sposi dopo la "risciacquatura in Arno" facendo uso dell'italiano nella forma fiorentina colta e nel 1840 pubblicò questa riscrittura. Con ciò assumeva che quella era la prima vera opera frutto totale della lingua italiana. Dette alle stampe anche la Storia della colonna infame, un saggio che riprende e sviluppa il tema degli untori e della peste, che già tanta parte aveva avuto nel romanzo, del quale inizialmente costituiva un excursus storico.


Tomba di Alessandro Manzoni nel Cimitero Monumentale di Milano.
Sul piano privato, la perdita della moglie nel 1833 fu seguita da quella di molti dei figli, tra cui la primogenita Giulia, già moglie di Massimo D'Azeglio, della madre (1841) e dell'amico Fauriel (1844). Il 2 gennaio 1837 sposò Teresa Borri (11 novembre 1799 - 23 agosto 1861), vedova del conte Decio Stampa. Egli sopravvisse anche a quest'ultima. Dei dieci figli nati dal primo matrimonio solo due morirono successivamente al padre.
Nel 1860 fu nominato senatore del Regno: con questo incarico votò nel 1864 a favore dello spostamento della capitale da Torino a Firenze fintanto che Roma non fosse stata liberata. Come presidente della commissione parlamentare sulla lingua scrisse, nel 1868, una breve relazione sulla lingua italiana: Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla.
Il 28 giugno 1872 fu nominato cittadino onorario di Roma

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Messaggioda giada » 8 ott 2012, 11:31

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Messaggioda aleeeee bacucca » 21 nov 2012, 21:20

Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785 da Pietro e Giulia Beccaria. Il matrimonio dei genitori non è felice , fu fatto per interesse in quanto il patrimonio dei Beccaria era in dissesto ; Giulia Beccaria lascia così il marito . Si separerà nel 1792, unendosi a Carlo Imbonati andando a vivere a Parigi. Alessandro vive dapprima in collegio, ma, dopo la morte del padre, raggiunge la madre. Gli anni nella capitale francese, dal 1805 al 1810, sono decisivi nella sua formazione culturale, che è sostanzialmente di stampo illuminista, razionalista e anticlericale. L'avvenimento più importante della sua vita sarà perciò la conversione al cattolicesimo, che avverrà intorno al 1810, due anni dopo il suo matrimonio con Enrichetta Blondel. Proprio Enrichetta lo porterà, in seguito, a rivedere i suoi giudizi critici verso la religione, tanto che nel 1810 il Manzoni decide di convertirsi al cattolicesimo, coinvolgendo in questa decisione anche la moglie. Lo stesso anno della sua conversione Manzoni torna a vivere a Milano, dove resterà poi fino alla morte, ad eccezione di alcuni mesi trascorsi a Parigi, tra il 1819 e il 1820, e di qualche breve viaggio a Firenze, nel 1827 e nel 1856.
L'esistenza dello scrittore trascorre quindi nel lavoro e nell'intimità familiare, lontano dalla curiosità e dagli impegni mondani, tra Milano e la sua villa di Brusuglio, nella campagna lombarda. Ecco perché, oltre alle date di pubblicazione delle sue opere, pochi sono i fatti da registrare della sua lunga vita, protrattasi fino al 1873 e attraversata da dolorosi lutti: la morte, nel 1833, della prima adorata moglie; poi, quella della madre, nel 1841; della seconda moglie Teresa Stampa, nel 1861; e infine di ben sei dei suoi otto figli. Tra i pochi avvenimenti della vita manzoniana si ricorderanno la partecipazione, nel 1861, dopo la nomina a senatore del nuovo Regno d'Italia, alla prima seduta del Parlamento; il suo intervento, nel 1864, alla votazione per il trasferimento della capitale da Torino a Firenze; l'accettazione, nel 1870, della cittadinanza romana, per dimostrare pubblicamente la propria convinzione della necessità della scomparsa del potere temporale della Chiesa.

Le opere giovanili di Manzoni nascono nel clima culturale milanese, dominato dalla presenza di Vincenzo Monti. Così è del Trionfo della libertà, composto dopo la pace di Luneville, nel 1801, e così è anche dell'epistola in versi l'Adda, del 1803. Più tardi, nei Sermoni (1804), Manzoni tenta i modi della poesia satirica, guardando al Parini come maestro. Il testo più maturo e signifìcativo dell'opera giovanile manzoniana è tuttavia il carme In morte di Carlo Imbonati (1805), che costituisce un documento assai eloquente della precoce e robusta maturità morale di Manzoni, della sua ricerca di un programma austero di vita.

La storia autentica della poesia manzoniana inizia però con gli Inni sacri, che testimoniano della conversione religiosa del loro autore. Dopo la conversione al cattolicesimo, Manzoni progetta una serie di dodici Inni sacri, dedicati ciascuno ad una festività della Chiesa: di essi ne porterà a termine solo cinque, i primi quattro fra il 1812 e il 1815 (La Resurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione) e il quinto (La Pentecoste) tra il 1817 e il 1822. In questi Inni Manzoni non si occupa soltanto degli aspetti dogmatici e teologici del cristianesimo, ma soprattutto dei suoi aspetti morali e sociali, più direttamente vissuti dalla coscienza religiosa popolare.

Dopo la stagione degli Inni sacri, tra il 1815 e il 1822, si apre un altro lungo periodo di riflessione inferiore che porta ad un crudo pessimismo: la conquista di un " credo " religioso viene sottoposta ad un processo di discussione, mentre l'attenzione di Manzoni si apre ad una complessa visione delle ragioni dell'esistenza e si sforza di rintracciare nella storia i segni visibili di una presenza divina. In questo periodo di riflessione nascono le odi civili, e tra di esse il Marzo 1821, in cui Manzoni, celebrando l'unirsi delle forze piemontesi e lombarde contro l'oppressore austriaco (un'unione in cui egli scorge il segno della volontà di Dio), proclama il suo ideale unitario di patria, nel sogno di un'Italia " una d'arme, di lingua, d'altare ".

Più che in queste odi, tuttavia, è nelle tragedie che si può osservare l'ampliarsi della problematica manzoniana. Ciò che importa allo scrittore, nel suo teatro, è la rappresentazione di una drammatica tensione morale dei suoi personaggi: i quali, quanto più sono impegnati a combattere per un ideale generoso, tanto più appaiono poi travolti dalle leggi della forza e della violenza che dominano il mondo. È questa la situazione del Conte di Carmagnola (1820), ma soprattutto dell'Adelchi (1822), nella quale è rappresentato il momento conclusivo della guerra tra franchi e longobardi. Adelchi, figlio di Desiderio, re dei longobardi, è il personaggio-chiave della tragedia. Al fedele Anfrido confessa in un momento di smarrimento: "Il core mi comanda / alte e nobili cose; e la fortuna [il destino] / mi comanda ad inique ". Ed in ciò sta la sua personale vicenda drammatica e il problema morale che Manzoni vuoi rappresentare. La realtà si oppone al desiderio dell'uomo di operare nel giusto; ogni sua azione sfocia in una direzione opposta a quella voluta. Ed è proprio questa condizione assurda, ma tragica, in cui l'uomo viene a trovarsi, che determina quella scelta a non agire. Solo non agendo è possibile infatti non commettere il male: Adelchi, "trascinato" per una via che non ha potuto scegliere, germe " caduto in rio [cattivo] terreno / e balzato dal vento ", diviene così l'eroe romantico della non azione.

Nell'ambito di questi problemi si pone anche l'ode celebrativa scritta in occasione della morte di Napoleone Bonaparte, il Cinque maggio, del 1821. L'immagine di Napoleone pare diventare l'immagine simbolo di un uomo che, pur nell'aspirazione a portare nel mondo le idee per una vita più giusta, seminava l'Europa di stragi. Senonché, rispetto all'Adelchi, nel Cinque maggio i termini appaiono capovolti: il destino di Napoleone, svela in realtà l' "orma" di un preciso disegno provvidenziale di Dio, riassume simbolicamente il percorso stesso della storia, la quale, attraverso la sua tragica vicenda di sangue e di violenza, sfocia a giuste conquiste. E da questa concezione della storia, in cui la Provvidenza divina segna il suo cammino, nascerà il capolavoro manzoniano, I promessi sposi appunto, pubblicato una prima volta nel 1827 e, in edizione definitiva, nel 1840. La prima versione del romanzo s'intitolava Fermo e Lucia (1812) ed è molto diversa dalla seconda e definitiva edizione, pubblicata tra il 1840 e il '42. Vi è una certa differenza di contenuto (oltre che ovviamente di stile) persino tra la prima edizione del 1827 e la seconda: in quest'ultima la severità morale e religiosa è attenuata (ad es, le due figure di don Rodrigo e della monaca di Monza sono descritte con colori meno accesi).

Importanti saranno pure i suoi scritti sulla lingua. Attraverso una serie di testi (Sulla lingua italiana e Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla, ambedue del 1845; Lettera al marchese Casanova, del 1871), Manzoni elabora infatti una sua organica teoria linguistica, la quale trova il suo punto di riferimento costante nel principio che la lingua scritta deve accostarsi a quella parlata. La norma di ogni scelta linguistica non sta quindi in una conferma che venga da un uso letterario, ma semplicemente nella conferma del parlato. Su questa base teorica Manzoni discute il problema dell'unità linguistica italiana: essa, vista la diversificazione notevole della lingua parlata nelle varie regioni, non può essere raggiunta che attraverso l'uniformarsi delle singole parlate a quella di maggior prestigio, cioè alla fiorentina. Nel parlato fiorentino delle persone colte, Manzoni indica perciò la norma da seguire per l'unificazione linguistica italiana.

aleeeee bacucca

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Messaggioda giada » 22 nov 2012, 11:31

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