Parafrasi Iliade XXII vv.273-330 Il duello

Messaggioda hannibal97 » 23 feb 2013, 12:11

mi servirebbe la parafrasi del libro XXII dell iliade vv.273-330 "il duello"

hannibal97

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Messaggioda maurizio » 23 feb 2013, 16:37

Come vide Achille, Ettore iniziò a tremare e non poté più resistere: si lasciò alle spalle le porte [di Troia] e iniziò
a scappare, e Achille si mise a inseguirlo, confidando nella sua velocità; come il falco, che è il più veloce degli
uccelli, in mezzo alle montagne insegue con facilità la paurosa colomba, che tenta di sfuggirgli mentre lui si
avvicina, e grida mentre le vola vicino e desidera catturarla – così Achille correva rapido, desideroso [di
raggiungere Ettore], mentre questi scappava, terrorizzato, correndo veloce sotto le mura di Troia....
Quando furono vicini, mentre camminavano l’uno verso l’altro, il grande Ettore, l’eroe dall’elmo splendente,
parlò per primo: «Non scapperò più, Achille, come ho fatto ora girando per tre volte attorno alla nobile città di
Priamo, senza trovare il coraggio di fermarmi ad aspettare il tuo attacco. Ora desidero affrontarti, sia che debba
vincere, sia che debba essere sconfitto. Ma ora preghiamo gli dei, che saranno i migliori testimoni e garanti dei
nostri accordi. Se Zeus mi concederà di resistere al tuo attacco e di ucciderti, io non infierirò sul tuo cadavere e,
dopo averti tolto le tue splendide armi, restituirò il tuo corpo ai greci. Tu prometti di fare la stessa cosa [in caso di
vittoria]».Il veloce Achille lo guardò arrabbiato e gli rispose: «Ettore, maledetto, non parlarmi di accordi; non possono esserci accordi tra gli uomini e i leoni, non possono essere d’accordo i lupi e gli agnelli, che sono sempre gli uni nemici degli altri. Allo stesso modo, tra me e te non possono esserci amicizia o patti, fin quando uno di noi non
cada a terra e nutra con il suo sangue [il dio della guerra] Ares, guerriero dal pesante scudo. Pensa piuttosto a
trovare tutto la tua forza, perché ora devi combattere da guerriero coraggioso. Non puoi sfuggirmi; ora Pallade
Atena ti ucciderà con la mia lancia; e pagherai per tutti i miei compagni che hai ucciso, combattendo ferocemente
sul campo di battaglia».Dopo aver detto queste parole, [Ettore] estrasse dal fodero la spada appuntita, grande e resistente che portava sul fianco; raccolse tutte le sue forze e attaccò, come un’aquila che si lancia dall’alto, attraversando le nuvole oscure, per catturare un piccolo agnello o una lepre paurosa: così Ettore si lanciò all’attacco, muovendo la spada appuntita. E anche Achille si mosse, con il cuore pieno di rabbia selvaggia: il suo petto era coperto dallo scudo bellissimo, splendidamente ornato, e muoveva l’elmo brillante dai quattro cimieri; la bella criniera dorata e folta che Efesto aveva messo attorno all’elmo oscillava. Come nel pieno della notte tra le altre stelle spicca la stella di Espero, che è la più bella nel cielo, così brillava la punta aguzza della lancia che Achille teneva con la mano destra, mentre pensava a come uccidere Ettore e ne osservava il corpo possente, cercando di capire dove fosse più facile colpirlo.[Il corpo di Ettore] era tutto coperto dalle armi di bronzo, le bellissime armi che egli aveva sottratto a Patroclo uccidendolo. Si vedeva però il punto in cui la clavicola divide il collo dalle spalle, la gola, il punto dove è più
veloce uccidere. In quel punto, mentre Ettore lo stava attaccando, il nobile Achille lo colpì con la lancia. La punta
[della lancia] attraversò il collo morbido [di Ettore], ma la pesante lancia di bronzo non gli tagliò la trachea, di
modo che egli poteva parlare e rispondere; cadde con la schiena a terra e davanti a lui il nobile Achille si vantò:
«Ettore, quando hai preso le armi a Patroclo, tu credevi di essere al sicuro e non ti preoccupavi di me, che ero
lontano; sciocco! Io ero lontano, ma anche se restavo indietro, alle navi, ero un guerriero molto più forte [di
Patroclo], io che ti ho ucciso; tu sarai sbranato dai cani e dagli uccelli, in maniera orribile, mentre Patroclo sarà
seppellito dagli Achei».Ormai privo di forze, Ettore dall’elmo splendente gli rispose: «Io ti prego in ginocchio: non lasciare che io finisca divorato dai cani presso l’accampamento dei Greci, e accettando il grande riscatto di oro e bronzo, che ti offriranno mio padre e mia madre, restituisci il mio corpo a casa, affinché gli uomini e le donne troiani mi concedano l’onore del rogo».Guardandolo con odio, il veloce Achille gli rispose: «Cane, non mi supplicare: vorrei avere abbastanza coraggio e rabbia per tagliare il tuo corpo e mangiarlo io stesso, per quello che mi hai fatto [uccidendo Patroclo]; nessuno quindi impedirà ai cani di mangiarti, neanche se mi portassero un riscatto enorme, promettendomene ancora di più, neanche se Priamo, discendente di Dardano, pagasse il tuo corpo tanto oro quanto pesi; neppure così la tua nobile madre, che ti ha fatto nascere, potrà metterti sul letto funebre e piangerti: il tuo corpo sarà divorato pezzo per pezzo dai cani e dagli uccelli».Mentre moriva, Ettore dall’elmo splendente disse ad Achille: «Ti conosco bene e immaginavo che non ti avrei convinto; nel tuo petto c’è un cuore di pietra. Stai attento, però, che la mia morte non provochi l’ira degli dèi nei tuoi confronti, il giorno in cui Paride e Apollo, nonostante tu sia un guerriero coraggioso, ti uccideranno davanti alle porte di Troia».
Mentre diceva queste parole morì, l’anima lasciò il corpo e volò nell’aldilà, rimpiangendo il suo destino
sfortunato: morire nel pieno della forza e della giovinezza.
E a Ettore, che era già morto, disse il nobile Achille: «Ora sei tu a morire; per quanto mi riguarda, io accetterò la
mia morte quando questo sarà il volere di Zeus e degli altri dèi».

maurizio

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