De vano cervo ad fontem

Olim cervus vanitate plenus ad fontem venit, situm in quercuum ...

Un giorno un cervo colmo di vanità arrivò presso una sorgente, posta in un bosco di querce.

Il superbo animale scorse la propria immagine nell’acqua e cominciò a lodare le corna, belle e ramificate. Poi vide le sue zampe, prive di bellezza, e biasimò la gracilità delle ginocchia. Ma di colpo il bosco fu pieno di latrati di cani e di urla di cacciatori.

A quel punto il cervo prese la fuga attraverso la pianura e con agile corsa ebbe la meglio sui veloci cani. Alla fine l’animale penetrò in fitte boscaglie, ma le grosse corna, che in precedenza aveva lodato, gli ostacolarono la corsa. I cani si avvicinarono e dilaniarono l’animale con morsi spietati.

Così il cervo perse ogni speranza di vita, poiché le zampe disprezzate avevano liberato l’animale selvatico dal pericolo di morte, le belle corna, viceversa, furono causa di rovina

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