Disfatta e resa degli Elvezi
Helvetii, a Romanis profligati, omnium rerum inopia ad desperationem adducti...
Gli Elvezi, sbaragliati dai Romani, spinti alla disperazione per la penuria di tutte le cose, temendo per le loro cose, inviano a Cesare ambasciatori per la (loro) capitolazione.
Quelli, quando arrivarono da lui e si prostrarono ai suoi piedi, parlando con tono supplichevole, pregarono piangendo la pace. Cesare, guardandoli con severità, pretese ostaggi, armi, schiavi fuggitivi, disertori.
Mentre quelli reclutano (conquīror), quasi milleseicento uomini di quel paese che è chiamato Verbigeno, colta l'opportunità della fuga, sia perché atterriti dalla paura, sia perché spinti dalla speranza di salvezza, usciti durante la notte dall'accampamento, si diressero verso il Reno ed i territori dei Germanici.
Ma Cesare, avendoli inseguiti, ordinò ai Germanici di catturarli e di portarli da lui. Quelli costretti a ritirarsi li considerò nel numero dei nemici.
Versione tratta da Cesare