Nefandezze del giovane Nerone

Petulantiam, libidinem, luxuriam, avaritiam et crudelitatem suam sensim...quidem primo... iecit in populum atque etiam praetoris caput consauciavit. (da Svetonio)

TESTO LATINO COMPLETO

Nerone manifestò l'impudenza, la libidine, la lussuria, l'avidità e la crudeltà dapprima gradualmente e di nascosto, e come se si trattasse di errori giovanili, ma quei vizi erano della sua stessa natura e non di gioventù.

Subito dopo il crepuscolo, regolarmente prendeva un berretto o una parrucca, entrava nelle osterie e vagabondava per i vicoli per fare scherzi (ut congiuntivo = prop. finale) ai passanti non senza distruzione dal momento che era abituato a picchiare o ferire le persone che facevano ritorno da una cena, buttar(l)e nelle fogne e anche a infrangere le porte delle taverne e a depredarle.

E spesso, in combattimenti di questo genere, mise in pericolo gli occhi e la sua stessa vita. Una volta, fu quasi massacrato a morte da un tale di rango senatorio alla cui moglie aveva fatto oltraggio. Perciò, in seguito, non fece mai più vedere in pubblico nelle ore notturne senza la protezione tribuni, che lo seguivano da lontano e di nascosto. Anche durante il giorno, veniva trasportato come uno sconosciuto in teatro su una lettiga (sedia gestatoria)

per assistere (ut cong. = finale) dalla zona del proscenio alle liti dei pantomimi, nel contempo, e una volta, poiché erano venuti alle mani e si lottava con pietre e di pezzi e con pezzi di sgabelli, anche egli stesso (li) scagliò sul popolo e ferì gravemente la testa di un pretore.

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