I Germani non rispettano la tregua (Versione di latino Cesare)

I Germani non rispettano la tregua
Autore: Cesare

Traduzione dal libro CORSO DI LINGUA LATINA per il biennio', di Laura Pepe, Danilo Golin. - Dalla grammatica alla traduzione - Unità 14-25 (Volume II)

At hostes, ubi primum nostros equites conspexerunt, quorum erat quinque milium numerus, cum ipsi non amplius octingentos equites haberent,...

Traduzione n. 1

Ma i nemici, non appena videro la nostra cavalleria - benché contasse circa cinquemila unità, mentre essi non erano più di ottocento, non essendo ancora rientrati i cavalieri che avevano varcato la Mosa in cerca di grano - si lanciarono all'attacco e scompaginarono in breve tempo i nostri, che non nutrivano alcun timore, in quanto l'ambasceria dei Germani aveva appena lasciato Cesare chiedendo, per quel giorno, tregua. Quando i nostri riuscirono a opporre resistenza, gli avversari, secondo la loro tecnica abituale, balzarono a terra e, ferendo al ventre i cavalli, disarcionarono molti dei nostri e costrinsero alla fuga i superstiti, premendoli e terrorizzandoli al punto che non cessarono la ritirata se non quando furono in vista del nostro esercito in marcia.

Nello scontro perdono la vita settantaquattro nostri cavalieri, tra cui l'aquitano Pisone, uomo di grandissimo valore e di alto lignaggio: un suo avo aveva tenuto la suprema autorità tra la sua gente e ricevuto dal senato di Roma il titolo di amico.

Pisone, accorso in aiuto del fratello circondato dai nemici, era riuscito a liberarlo; disarcionato - il suo cavallo era stato colpito - resistette con estremo valore finché ebbe forza: poi, circondato da molti avversari, cadde. Il fratello, che aveva già lasciato la mischia, lo vide da lontano: sferzato il cavallo, si gettò sui nemici e rimase ucciso.

Traduzione n. 2 di altro utente

Ma i nemici, quando videro i nostri cavalieri, il cui numero era di 5000 (unità), mentre essi non disponevano di più d'ottocento unità di cavalleria, giacchè coloro che s'erano diretti oltre la Mosa, a cercare approvvigionamenti, non avevano ancora fatto ritorno, senza che i nostri temessero alcunchè, dal momento che i loro legati s'erano separati poco prima da Cesare, e quel giorno gli era stato richiesto da costoro come tregua, lanciatisi all'assalto, portarono celermente scompiglio tra i nostri.

Giacchè i nostri comunque resistevano, essi balzarono a terra, secondo la loro consuetudine; abbattuti i cavalli e caduti gran parte dei nostri, essi constrinsero i superstiti alla fuga. In quel combattimento furon massacrati (lett: presente) 74 dei nostri cavalieri, tra costoro Pisone Aquitano, uomo molto valoroso, di nobilissima stirpe. Egli, recando soccorso al fratello, circondato dai nemici, lo strappò al pericolo, mentre egli stesso, allorchè il suo cavallo fu ferito, sbalzato a terra, resistesse assai valorosamente:

una volta che egli cadde, giacchè suo fratello si rese conto di ciò da lontano, spronato il cavallo, si volse contro i nemici, e fu anch'egli ucciso.

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