Una cupa vicenda

Cum primores civitatis similibus morbis eodemque ferme omnes eventu morerentur, ancilla quaedam ad Q. Fabium Maximum...ex quibus ad centum septuaginta damnatae sunt.

Essendo morti i principali cittadini della città per malattie simili e quasi tutte con lo stesso esito, una certa serva dichiarò all'edile curule Quinto Fabio Massimo che essa avrebbe rivelato la causa della comune pestilenza se da lui le fosse stata data assicurazione che non ne sarebbe derivata una denuncia a suo danno. Fabio riferì subito la cosa ai consoli, i consoli al senato e e col consenso del senato venne data la garanzia d'impunità alla delatrice.

Allora si scoprì che la perfidia di alcune donne opprimeva la città e delle matrone preparavano quei veleni, e che potevano essere colte in flagrante, se decidevano di seguire subito l'ancella. Andarono dietro la denunciante e scoprirono alcune matrone che preparavano veleni al fuoco e altri nascosti. Condottele al foro, due di esse, Cornelia e Sergia, entrambe di famiglia patrizia, poiché dichiaravano fermamente che quei medicamenti erano salutari, furono costrette a berli dalla denunciatrice che le smentiva e, tracannato il veleno sotto gli occhi di tutti, morirono in conseguenza del loro stesso crimine.

Le loro compagne, immediatamente arrestate, accusarono un gran numero di matrone; centosettanta delle quali vennero condannate. (da Livio)

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