Aeschyli poetae excessus quaemadmodum non voluntarius fuit, sic propter novitatem ...

La morte del poeta Eschilo, così come non fu volontaria, allo stesso modo è degna di memoria per via della stranezza dell'accaduto.

Un giorno, all'inizio della primavera, in Sicilia l'illustre poeta uscì dalle mura della città nella quale abitava, e si trattenne in un luogo soleggiato. Un'aquila, che portava tra gli artigli una tartaruga, volò sopra di lui e, volendo romperla per mangiare la carne, ingannata per lo splendore della testa di Eschilo – infatti egli era privo di capelli – scagliò la tartaruga sul capo del poeta, come se fosse una pietra.

Perciò Eschilo morì, urtato da un colpo violento. Anche la causa della morte di Omero non fu comune. Nell'isola di Io, poiché non aveva potuto risolvere una questione posta dai pescatori, morì in poco tempo, distrutto dal dolore. Invece Euripide venne meno a causa della crudeltà del fato. Infatti, in Macedonia, ritornando a casa da una cena del re Archelao, affrontò una morte atroce, dilaniato dai morsi dei cani. La forza di una risata sfrenata uccise Filemone.

Filemone, vedendo un asinello che divorava i fichi preparati per sé, chiamò il servo perché scacciasse l'animale. Ma il servo sopraggiunse quando tutti i fichi erano stati mangiati. Allora il poeta disse: "Poichè sei stato così lento, ora dà del vino all'asinello!". E levando immediatamente grasse risate, bloccatosi il respiro, morì.

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