Ad ferendum igitur dolorem placide atque sedate toto pectore cogitandum est quam id ...

Ebbene, per sopportare il dolore in modo sereno e pacifico, occorre pensare con tutto il cuore a quanto ciò sia moralmente nobile.

Infatti, come ho detto in precedenza – in effetti bisogna dirlo con più frequenza – noi siamo, per natura, estremamente appassionati e desiderosi della nobiltà morale. In verità, se noi abbiamo intravisto lo splendore della gloria, (allora) siamo pronti a sopportare e ad affrontare ogni cosa per ottenerlo. In virtù di questo percorso e slancio degli animi verso la vera gloria e la nobiltà morale, vengono affrontati i più grandi pericoli nelle battaglie; gli uomini forti non accusano le ferite sul campo di battaglia, ossia, le accusano, ma preferiscono morire che essere appena discostati dal grado di dignità.

I Decii vedevano le spade scintillanti dei nemici, mentre facevano irruzione nelle loro schiere. La nobiltà della morte e della gloria sottraeva a costoro loro ogni paura delle ferite.

E ancora, credi che Epaminonda si sia lamentato, quando percepiva che la vita scivolava via insieme al sangue? Egli infatti lasciava solidissima agli Spartani la patria che aveva ricevuto asservita. Questi sono i conforti, questi i rimedi ai più grandi dolori.

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