Cicerone analizza i pregi di alcuni oratori

Aspicite nunc eos homines quorum de facultate quaerimus: suavitatem Isocrates ...

Considerate ora quegli uomini dei quali noi indaghiamo la facoltà: Isocrate ebbe la dolcezza, Lisia la sottigliezza, Iperide l’acume, Eschine la sonorità, Demostene il vigore.

Chi, tra loro, non fu eccellente? L’Africano ebbe la magniloquenza, Lelio la delicatezza, Galba l’asprezza. Chi, tra costoro, non fu il primo, a quei tempi? Ma perché io dovrei andare in cerca di esempi vecchi, pur potendo parlare di esempi attuali e di uomini vivi? Cosa si è mai verificato di più piacevole per le nostre orecchie dell’orazione di questo Catulo?

E che? Questo nostro Cesare non ha forse introdotto un nuovo tipo di linguaggio? Chi mai, all’infuori di costui, trattò le cose in maniera tale che né l’ironia fosse esclusa dalla serietà degli argomenti, né la serietà fosse sminuita dalle battute? Ecco presenti due quasi coetanei: Sulpicio e Cotta. Che cosa c’è di tanto differente tra di loro? Che cosa di tanto eccezionale nel loro genere?

L’uno è accurato e logico, mentre spiega l’argomento con parole appropriate e adatte; Sulpicio invece è di un impeto straordinario del carattere, di una voce pienissima e intensissima, di grandissima tensione del corpo ed eleganza di movimento.

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