Il corvo e i pavoni
Melius est suis moribus vitam degere, neque alienis bonis se iactare ...
È meglio trascorrere la vita secondo i propri costumi e non vantarsi per i beni altrui. Nei tempi antichi Esopo, per mezzo di una favola, fornì un esempio straordinario.
Un corvo, gonfio di futile presunzione, raccolse le penne variopinte che erano cadute ad un elegante pavone, e decorò il proprio corpo con le belle penne.
Poi, disdegnando i propri simili, restava insieme ai bei pavoni (formosis). I pavoni, dopo aver strappato le penne all'uccello sfacciato, con i becchi misero in fuga il corvo. Conciato male, il corvo ritornò lamentandosi presso la sua specie, ma venne scacciato.
Infatti tutti gli altri corvi, che prima aveva disdegnato, dissero: Poiché non fosti contento dei doni che la Natura ti aveva dato, hai imparato l'umiliazione e l'esclusione.
Versione tratta da: Fedro
Il corvo e i pavoni della nuova edizione (quella sopra è quella della vecchia edizione)
Nonnulli aliena bona appetunt, suaque contemnunt...
Alcuni bramano i beni altrui, e disprezzano i propri. Gonfia della sua superbia, una cornacchia aveva ornato le proprie membra con le penne di un pavone e disprezzava le altre cornacchie.
Poi, dopo che si era mescolata al gruppo formoso dei pavoni, i pavoni strapparono le penne che aveva indossato e misero in fuga la cornacchia con i becchi.
Dopo che la cornacchia ritornò mesta al proprio gruppo, fu respinta da quelle dello stesso genere e ricevette un triste rimprovero. Allora la cornacchia da quelle che aveva disprezzato:
"Perché hai disprezzato le nostre sedi e hai guardato dall'alto in basso i doni della natura, hai meritato l'oltraggio dei pavoni e la repulsione delle cornacchie".