Una lettera di Cicerone dal suo proconsolato in Cilicia
Putaresne umquam accidere posse ut mihi verba deessent, neque solum ista vestra verba oratoria sed haec etiam levia nostra? ...statu quam diligentissime perscribas; ea enim certissima putabo quae ex te cognovero.
(Ci) avresti mai creduto che potesse succedermi che fossi a corto di parole, e non solo queste vostre parole eloquenti ma anche queste nostre banali?
Invece mi mancano per questo motivo, per il fatto che sono straordinariamente preoccupato su cosa mai si decida a Roma sulle province (de = compl. di argomento). Mi sostiene una stupefacente nostalgia della città, un'incredibile desiderio dei miei ed in primis di te. Ho invece iniziato ad avere noia della provincia.
Infatti l'intero compito non è degno delle mie forze, poiché nella repubblica posso e sono solito sostenere difficoltà ( ŏnus, oneris) più gravose. Inoltre sovrasta il timore di un grande scontro, che potrei evitare se me ne andrò per il giorno stabilito. Riguardo alle pantere che cerchi, su mio ordine si lavora con cura per mezzo di quelli che sono soliti cacciarle. Ma ce n'è una straordinaria penuria:
qualunque cosa succederà, farò tuttavia in modo che (l'esito della caccia) sia per te; ma non so per certo quale (esito) sia. Vorrei che tu mi scrivessi per esteso quanto più accuratamente su tutto (l'andamento) dello stato; infatti reputerò molto sicure quelle cose che da te saprò
* Cicerone a volte usa il plurale maiestatis.