Verre inganna il figlio del re di Siria (1)
Venio nunc non iam ad furtum, non ad avaritiam, non ad cupiditatem, sed ad eius modi facinus in quo omnia nefaria...Quid multa? Rex ita discessit ut et istum copiose ornatum et se honorifice acceptum arbitraretur.
Vengo ora non all'inganno, non all'avarizia, non alla cupidigia, ma alla scelleratezza di questo genere nel quale mi sembra che siano contenute e ci siano tutte le cose nefaste nella quale gli dei immortali furono violati, la stima e l'autorità del nome del popolo offese, l'ospitalità privata e abbandonata, tutti i re più amici e le nazioni che sono nel loro regno e dominio allontanati da noi dalla scellerataggine di costui. Infatti sapete che i re della Siria, i figli fanciulli del re Antioco, furono recentemente a Roma. Una fra loro (genitivo partitivo) che è chiamato Antioco, volle fare un viaggio per la Sicilia, pertanto arrivò a Siracusa mentre costui era governatore.
Questo Verre credette che gli fosse arrivata un'eredità, poiché era giunto nel suo regno e nelle sue mani colui che aveva sentito e sospettava avere con sé molte cose preziose. Inviò all'uomo doni abbastanza abbondantemente: questi per l'uso domestico, quanto sembrò opportuno di olio e di vino, anche quanto era sufficiente di grano, dalle sue decime. Poi invitò lo stesso re a cena. Addobbò (presente storico)
la sala da pranzo in maniera splendida e sontuosa; mette in mostra quelle cose di cui abbondava, moltissimi e bellissimi vasi d'argento, infatti questi non li aveva ancora fatti d'oro; fece in modo che il banchetto fosse preparato e fornito di ogni cosa. Che dire di più? Il re si ritirò così che ritenne che questo fosse abbondantemente fornito e che egli fosse stato trattato in modo onorevole.