Lealtà a rischio della vita

Damon et Phintias, philosophi Pythagorici, inter se... salutem curant, amicitiae autem privatam.

Damone e Finzia, filosofi iniziati ai misteri della dottrina Pitagorica, avevano stretto fra loro una leale amicizia.

Poiché Dionigi, il tiranno di Siracusa, aveva condannato a morte uno di costoro, ed egli aveva ottenuto da lui un po' di tempo per andare a casa e sistemare i propri affari, prima di morire, l'altro dei due non esitò a consegnarsi al tiranno come garante del ritorno dell'amico. Era sfuggito al pericolo della morte colui che, poco prima, aveva tenuto la nuca sottoposta alla spada: aveva (invece) posto la propria testa sotto alla medesima (spada), colui al quale era concesso di vivere senza timore.

Tutti dunque, e in primo luogo Dionigi, osservavano la conclusione di quella faccenda inconsueta ed incerta. Quindi, poiché si avvicinava il giorno fissato, e quello non tornava, ognuno accusava di stupidità un garante così sconsiderato.

Ma quello dichiarava di non temere nulla riguardo all'affidabilità dell'amico. Poi, proprio all'ora stabilita da Dionigi, l'amico ritornò. Il tiranno, ammirando il coraggio di ciascuno dei due, condonò la pena per la lealtà e, oltre a ciò, li pregò che lo accogliessero come terzo nel patto di amicizia.

Versione tratta da Valerio Massimo

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