Un vecchio scrupolo di coscienza
Lacedaemonius Chilon in vitae suae postremo, cum iam inibì mors occuparet, ...effeci ut bonum pro me et amico acciperem, sed fortasse iniustum et muum aliis suaderem». (da Aulo Gellio)
Lo spartano Chilone al termine della sua vita, quando ormai la morte era sul punto di coglierlo, disse così agli amici che gli stavano intorno:
"credo che le cose che ho detto e le cose che ho compiuto durante la lunga vita siano state per la maggior parte tutte rette: ma io in questo periodo dubito veramente se sia stata commessa da me un'ingiustizia. Il suo ricordo mi causa una così grande infermità che anche ora non sono ancora sicuro se mi comportai rettamente oppure male. Essendo giudice in merito alla condanna di un amico con due altri e il caso appariva ambiguo, c'era la legge tale che era necessario che si condannasse quell'uomo con due voti su tre.
Essendo molto agitato interiormente ed anche ora molto ed essendo invaso sia dalla benevolenza che dal dubbio, io stesso tacito espressi la sentenza di condannarlo, ma, nel momento in cui l'elemento incerto divenne chiaro, persuasi coloro che avevano giudicato con me ad assolverlo. Così in questa situazione tanto importante ho salvaguardato la funzione sia di amico che di giudice.
Tuttavia provai un tale dispiacere per questo fatto, a tal punto da ritenere di non essere stato immune dalla perfidia e dalla colpa: nella medesima situazione e nella stessa opportunità e in un affare comune feci in modo di trattare il bene per me e per l'amico: ma dovrei forse consigliare qualcosa d'ingiusto agli altri.(By Maria D.)