Superiorità del sapiente - VERSIONE latino Cicerone

Superiorità del sapiente
versione di latino di Cicerone
versione n 8 p 138 il nuovo leggere gli autori latini
e versione dal libro specimen

Quis vero divitiorem quemquam putet quam eum cui nihil desit quod quidem natura desideret, aut potentiorem quam illum qui omnia quae expetat consequatur, aut beatiorem quam qui sit omni perturbatione animi liberatus, aut firmiore fortuna quam qui ea possideat quae secum ut aiunt vel e naufragio possit ecferre?

quod autem imperium, qui magistratus, quod regnum potest esse praestantius, quam despicientem omnia humana et inferiora sapientia ducentem nihil umquam nisi sempiternum et divinum animo volutare? cui persuasum sit appellari ceteros homines, esse solos eos qui essent politi propriis humanitatis artibus? ut mihi Platonis illud, seu quis dixit alius, perelegans esse videatur: quem cum ex alto ignotas ad terras tempestas et in desertum litus detulisset, timentibus ceteris propter ignorationem locorum, animadvertisse dicunt in arena geometricas formas quasdam esse descriptas; quas ut vidisset, exclamavisse ut bono essent animo; videre enim se hominum vestigia; quae videlicet ille non ex agri consitura quam cernebat, sed ex doctrinae indiciis interpretabatur.

Traduzione
Quale uomo possiamo noi considerare più ricco di chi possiede almeno quello che la natura richiede, più potente di chi ottiene tutto ciò che desidera, più beato di chi è libero da ogni turbamento? Chi mai possiede beni più stabili di chi ha solo quel tanto che può portare con sé, come si dice, o può salvare da un naufragio? Quale comando militare, quale magistratura civile, quale regno può essere più insigne di quello assicurato ad un uomo che, disprezzando le cose terrene, si volge soltanto a ciò che è eterno e divino e tutto pospone all'amore della sapienza? Il quale è convinto che meritino il nome di uomini soltanto quelli che hanno affinato il loro spirito con la cultura?

Molto bello, a questo proposito, mi sembra quel detto di Platone, o di non so quale altro filosofo, il quale, gettato dalla tempesta su lido deserto di ignota terra, mentre tutti gli altri erano presi da sgomento perché ignari dei luoghi, come vide tracciate sull'arena alcune figure geometriche, esclamò: "State di buon animo; vedo tracce di uomini". Spiegava evidentemente la presenza dell'uomo non dal fatto di vedere delle piantagioni, ma dall'avere notato indizi di istruzione.

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