Il disprezzo della morte

Lacedaemonius vir cuius ne nomine quidem futurae memoriae proditur...

Un uomo Spartano, del quale neppure il nome viene consegnato a futura memoria, disprezza talmente la morte, come raccontano gli amici.

Condannato dagli Efori, veniva condotto a morte, e avanzava lieto; allora un tale, suo nemico, dice: Disprezzi così insolentemente le leggi della patria? Lo Spartano, risoluto, risponde: Per la verità, ho grande gratitudine nei confronti della patria, la quale condanna me, come colpevole, ad una pena che sto per pagare senza debiti.

Era un uomo veramente degno di Sparta! Per questa ragione, egli veniva condannato privo di colpa, secondo me. Del resto, la città Greca possedeva molti uomini di questo tipo. Il comandante degli Spartani che alle Termopili erano in procinto di affrontare il massimo pericolo, Leonida, dice ai sui uomini parole che incitano alla battaglia: O uomini provvisti di grande coraggio, marciate: oggi forse ceneremo negli Inferi!

Più tardi, un tale tra gli Spartani, ad un nemico Persiano che dichiarava minacciosamente: Non riuscirete a vedere il sole a causa dei giavellotti e delle frecce – risponde: E allora combatteremo all'ombra.

Versione tratta da: Cicerone

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