La splendida reggia di Cupido
Psyche videt lucum proceris et vastis arboribus consitum, videt fontem vitreo latice perlucidum …
Psiche vede un boschetto fitto di alberi alti ed immensi, vede una sorgente trasparente con acqua limpida; nel mezzo del boschetto sacro, accanto allo sgorgare della sorgente, c'è un'abitazione regale, costruita non da mani umane, ma dalle arti divine.
È l'abitazione, sontuosa e incantevole, di un dio. Colonne d'oro, infatti, sorreggono elevatissimi soffitti a cassettoni, finemente intarsiati di cedro e d'avorio, le pareti sono tutte rivestite da un bassorilievo d'argento.
Di sicuro un uomo eccezionale, o meglio un semidio, anzi, indubbiamente un dio è stato colui che ha modellato l'argento con tanta maestria. E per giunta i pregiati pavimenti si distinguono in diversi stili di pittura: davvero felici, quelli che camminano sulle gemme e i gioielli. D'altra parte tutte le altre zone della dimora, preziose in maniera inestimabile, e i muri interi, formati da blocchi d'oro, brillano di luce propria: l'abitazione, infatti, risplende d'oro; così risplendono le camere, così i porticati, così le porte.
Psiche, attratta dalla delizia di simili luoghi, fa ingresso nell'abitazione. In casa c'è una notevole ricchezza, eppure quel tesoro del mondo intero non è difeso da nessun catenaccio, da nessuna serratura, da nessun custode.
Versione tratta da: Apuleio