Il cavallo e il cinghiale

Un cavallo beveva in una pozzanghera. Giunge però un cinghiale feroce, entra nella pozzanghera, e smuove l'acqua.

Il cavallo permaloso è turbato dall'ira, e rimprovera il cinghiale con parole dure, ma invano: il cinghiale smuoveva in continuazione l'acqua con molta insolenza. Allora, il cavallo, adirato, chiede aiuto al padrone della fattoria più vicina; prende l'uomo sul dorso, e lo porta contro il suo avversario.

Il cinghiale testardo viene ucciso dalle frecce dell'uomo, e viene appoggiato sul dorso del cavallo. Allora l'uomo dice: Sono felice per la mia buona sorte, poiché tu chiedevi il mio aiuto: ora ho uno straordinario bottino, e un servitore adatto alla mia fattoria. Dunque il cavallo viene legato con i freni e con le briglie. Allora il cavallo triste dice: Da sciocco, chiedevo una vendetta dannosa, poiché l'uomo non solo uccideva il cinghiale, ma ora è il padrone anche della mia vita. D'ora in poi non sarò libero, ma schiavo.

Con la favola, Esopo ammonisce gli uomini iracondi: dall'ira smodata viene generata la follia, la quale è spesso causa di rovina.

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