La spada di Dàmocle

Dionysius Syracusanorum tyrannus omnibus suis civibus beatus esse videbatur sed ipse iudicavit ...

Dionigi, il tiranno dei Siracusani, a tutti i suoi concittadini sembrava essere felice, ma egli fece di persona la stima di quanto grande fosse la sua fortuna.

Infatti, mentre Damocle, un tale tra i suoi adulatori, ricordava in un discorso le sostanze di lui, e diceva che non era mai esistito nessuno più felice, (egli) disse: Vuoi dunque, o Damocle, visto che questa vita ti fa felice, assaporarla tu stesso, e sperimentare la mia buona sorte? Dopo che quello ebbe detto che lo desiderava, ordinò che l'uomo venisse messo in un letto d'oro, ricoperto da una bellissima coperta ricamata.

A quel punto ordinò che dei fanciulli scelti si posizionassero presso la tavola e che, osservando il cenno di lui, (lo) servissero diligentemente. Erano presenti unguenti e corone, venivano bruciati incensi: Damocle sembrava fortunato a se stesso. In mezzo a questo fasto, ordinò che venisse calata una spada lucente, attaccata al soffitto per mezzo di un crine di cavallo, in maniera da incombere sul collo di quell'uomo felice.

E così Damocle non guardava più quei bei servitori, né allungava la mano verso la tavola. Alla fine implorò il tiranno che gli venisse concesso di andare via, poiché ormai non voleva più essere felice.

Versione tratta da: Cicerone

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