Alessandro Magno ubriaco uccide un amico
Nel giorno rituale Alessandro convoca gli amici per il banchetto. Sorto tra gli ubriachi il ricordo delle imprese compiute da Filippo, Alessandro stesso disse di anteporre sé al padre, con il consenso della maggior parte dei convitati.
E così, quando uno tra gli anziani, Clito, per fiducia nell'amicizia del re, difese il ricordo di Filippo ed elogiò le sue imprese, Alessandro divampò a tal punto per la collera che, strappata un'arma ad una guarda del corpo, uccise Clito durante il banchetto. Ma, dopo che l'animo, appagato dall'omicidio, si placò, e al posto della collera subentrò la valutazione razionale, egli cominciò a provare rincrescimento per l'atto compiuto.
Dunque, spinto al pentimento dalla medesima follia che prima lo aveva spinto alla collera, desiderò morire. Dapprima scoppiato in lacrime, cominciò ad abbracciare il morto, a carezzare le ferite e a confessare la pazzia; alla fine rivolse verso di sé l'arma che aveva afferrato e avrebbe portato a compimento l'opera se gli amici non fossero intervenuti. A costoro non sfuggiva che anche nei giorni seguenti restava nel re questa volontà di morire. Al pentimento infatti si era aggiunto il ricordo della propria nutrice, la sorella di Clito, della quale soprattutto si vergognava, perché a lei aveva restituito una così turpe ricompensa per i suoi nutrimenti.
Per queste ragioni portò avanti per quattro giorni l'astinenza dal cibo, finché non fu implorato con le preghiere di tutto l'esercito a non dolersi per la morte di un solo uomo al punto da mandarli in rovina tutti.
Versione tratta da: Giustino