Haec Lucili tibi scribo ego qui Annaeum ...

Scrivo queste cose, oh Lucilio, proprio io che ho pianto il mio carissimo amico Anneo Sereno così smodatamente, da essere, cosa che nient'affatto vorrei, fra gli esempi di coloro sui quali il dolore ebbe il sopravvento.

Oggi tuttavia, condanno il mio comportamento e mi accorgo che la principale causa di un simile pianto fu per me il fatto che mai avevo considerato che lui potesse morire prima di me. Questo soltanto mi veniva in mente, che lui fosse più giovane, molto più giovane – come se le Parche mantenessero un ordine!

– Pertanto riflettiamo continuamente sulla nostra condizione mortale, quanto su quella di tutti quelli che amiamo. Allora avrei dovuto dire: "Il mio Sereno è più giovane (di me): che importa? Dovrebbe morire dopo di me, ma può morire prima". Poiché non lo feci, la sorte si è improvvisamente abbattuta su di me che ero impreparato. Ora penso che tutte le cose sono mortali e che le cose mortali obbediscono ad una legge incerta.

Oggi può accadere ciò che mai potrebbe (capitare). Consideriamo, o carissimo Lucilio, che presto noi giungeremo in quel luogo in cui ci addoloriamo che egli sia giunto. E forse, se solo la convinzione dei saggi è vera, e un qualche luogo ci accoglie, colui che riteniamo sia morto, è stato solo mandato avanti.

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