L'empietà di un tiranno

L'empietà di un tiranno

Il Siracusano Dionisio era solito aggiungere ai suoi sacrilegi commenti scherzosi: dopo avere infatti assalito e spogliato il tempio di Proserpina a Locri, e mentre navigava attraverso il mare con il vento favorevole per tornare a Siracusa, non temeva l'ira degli dei, ma rideva e disse agli amici: "Vedete, non è forse concessa una buona navigazione dagli dei immortali ai sacrileghi?" Sottrasse anche a Giove Olimpio una tunica d'oro di grande peso, con la quale il tiranno Gelone lo aveva abbellito con i proventi del bottino Cartaginese, e gli gettò sopra un mantello di lana dicendo che in estate una tunica d'oro era pesante e in inverno fredda, una di lana, invece, era più adatta ad ogni periodo dell'anno.

Dionisio ordinò che all'esculapio di Epidauro, fosse tolta la barba d'oro, poiché – così affermava – che non sta bene che l'imberbe padre Apollo veda il figlio con la barba (conspici è errore, la frase infatti si può tradurre solo con l'attivo conspicere al suo posto).

Spesso, dopo essere entrato nei santuari, rubò piatti d'oro e d'argento, e portava via anche vittorie d'oro e coppe e corone, le quali erano sostenute dalle mani stese delle statue, e diceva io le accetto non le rubo, poiché è sciocco non prendere da coloro dai quali chiediamo favori, quei doni che vengono offerti a noi affinché noi li otteniamo".

Versione tratta da: Valerio Massimo

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