Trimalcione e i suoi schiavi

In vestibulo servus atriensis erat qui domus custos erat. Ingressi in triclinium nonnullos pueros...

Si trovava nell'atrio uno schiavo maggiordomo, che era il custode della casa. Dopo essere entrati nel triclinio vedemmo alcuni (schiavi) coppieri, i quali servivano delle coppe di vino ai convitati, ed altri schiavetti seduti ai piedi di Trimalcione.

Questo padrone, che preferiva essere amato piuttosto che essere temuto disse: "Oh amici, non voglio nascondervi ciò che penso, anche gli schiavi sono uomini ed hanno bevuto allo stesso modo il latte, anche se un brutto destino li ha sopraffatti.

Tuttavia, finché sarò vivo, presto gusteranno l'acqua della libertà: voglio liberare tutti loro nel mio testamento. A Filargiro lascio anche in eredità un podere e la sua compagna. Invece dichiaro mia erede Fortunata, che preferisco e amo tra le altre donne e la affido a tutti i miei amici. E rendo pubbliche tutte queste cose, in modo che la mia famiglia mi ami già adesso come (mi amerà)

da morto". Dopo che la maggior parte ebbero voluto rendere grazie alla benevolenza del padrone, quello ordinò che fosse portata una copia del testamento e lo lesse tutto dall'inizio alla fine, mentre la famiglia piangeva.

Versione tratta da: Petronio

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