Iam cinis, quanto propius naves ad litus accedebant, tanto calidior et densior incidebat. Avunculus, cunctatus paulum, denique gubernatori regredi monenti: Fortes – inquit – fortuna ...

Ormai la cenere, quanto più vicino le navi si accostavano alla spiaggia, tanto più cadeva più calda e più fitta.

Mio zio materno (Plinio), dopo aver atteso un po', alla fine disse al timoniere che consigliava di tornare indietro: La Sorte aiuta gli audaci. Dirigiti a Stabia, verso la casa di Pomponiano! Nel frattempo dal monte Vesuvio, da numerosi luoghi, risplendevano fiamme estesissime ed alti incendi, il bagliore e la brillantezza dei quali era accresciuta dalle tenebre della notte. Dopo che fu giunto presso Pomponiano, e che la casa diquello era già ricoperta di cenere e di lapilli mescolati, egli discese insieme ai propri compagni sulla spiaggia, al fine di imbarcarsi sulla nave, ma il mare perdurava burrascoso e contrario: a quel punto decise di riposare allo scoperto.

Lì, stando disteso su un telo gettato a terra, chiese e bevve in continuazione acqua fresca. Ormai altrove era giorno, lì la notte era più buia e più fitta di tutte le notti, sebbene molte fiaccole e varie luci la rischiarassero. Poi le fiamme e l'odore dello zolfo, prenunzio di fiamme, misero tutti in fuga; gli schiavi svegliarono Plinio, il quale, con il loro aiuto, si alzò ed immediatamente cadde, perché il suo respiro era stato impedito e la sua gola bloccata dalla cenere troppo densa.

Quando ritornò la luce, il corpo di Plinio venne ritrovato intatto ed illeso: l'aspetto del corpo più simile ad uno che riposa che ad uno morto.

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