Minervam dicunt primam ex cervi ossibus tibiam fecisse et ad epulas deorum ...

Dicono che, per prima, Minerva realizzò un flauto di ossa di cervo (complemento di materia) e si recò ad un banchetto degli dèi per suonare.

Nel corso del banchetto la dea suonò appassionatamente, ma Giunone, Venere e le altre dee la derisero, perché, gonfiando le guance, la dea appariva brutta. Infiammata di collera, Minerva si rifugiò sul monte Ida, e giunse presso una certa sorgente, dove, mentre suonava, si guardò nell'acqua, e vide che era stata giustamente derisa dalle altre divinità. Ragion per cui, in quel luogo gettò via il flauto, e stabilì con una maledizione che, chiunque l'avesse raccolto, sarebbe stato colpito da un duro castigo.

Alcuni giorni dopo, il flauto venne rinvenuto da uno dei satiri, Marsia il pastore, il quale, grazie ad un esercizio ininterrotto, diventò un flautista tanto abile che sfidò addirittura Apollo ad una gara di musica. Come giudici della gara vennero scelte le Muse, le dee della poesia e del canto, alle quali Giove ordinò che stabilissero chi tra i due fosse più bravo.

Sebbene ciascuno dei due avesse suonato il flauto in maniera straordinaria, alla fine la vittoria venne assegnata ad Apollo. Il satiro, invece, scontò la colpa della sua temerarietà con un terribile castigo: Apollo, infatti, consegnò Marsia ad un certo Scita e costui, dopo che lo ebbe legato ad un albero, gli strappò via la pelle.

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