Nvmeri difficiles - Lingua latina per se illustrata versione latino

Nvmeri difficiles versione latino
traduzione libro lingua latina per se illustrata

In ludo pueri numeros et litteras disciunt. Magister pueros numeros et litteras docet. Magister pueros multas res docere potest, nam è multas res scit Quas pueri nesciunt. Magister ...nihil te docere possum! Tam stultus ac tam piger es quam asinus!"

I fanciulli apprendono i numeri e le lettere a scuola. Il maestro insegna ai fanciulli i numeri e le lettere.

Il maestro può insegnare molte cose ai fanciulli, infatti egli si intende di molte cose che i fanciulli non sanno. Il maestro è un uomo dotto. I fanciulli ancora privi di istruzione. Chi può imparare poco o niente si dice sia stolto. Chi non vuole imparare o dorme a scuola, si dice sia pigro. Lo scolaro che non è né stolto né pigro, ma esperto e operoso, può imparare molte cose dal maestro. Il maestro Diodoro smette di leggere e guarda un dei fanciulli, per primo Marco, poi Tito, infine Sesto. Ciascun fanciullo sta in silenzio davanti alla sua sedia; nessuno di loro dorme. Il maestro ordina loro di sedersi. Maestro: " Ora è il momento di imparare i numeri. Il primo mi dica i numeri da dieci fino a cento" Ciascun fanciullo alza la mano, per primo Sesto, poi Tito, infine Marco. Il maestro interroga Tito. Tito: " Dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto, diciannove, venti, ventuno, ventidue ..." Così il maestro lo interrompe: " Non è necessario dire tutti i numeri; partendo da venti dici un numero dieci volte tanto maggiore, Tito !". Tito: " venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta, settanta, ottanta, novanta, cento". Maestro: " Conti bene Tito. Ora tu Sesto, dimmi i numeri da cento a mille!". Sesto: " È lunga dire tutti i numeri!". Maestro: " Ebbene è abbastanza dire ogni dieci numeri, in questo caso è ogni cento". Sesto: " cento, duecento, trecento, quattrocento, cinquecento, seicento, settecento, ottocento, novecento, mille". Maestro: " Quanto fa trenta e dieci?". Tutti i fanciulli rispondono insieme, nessuno di loro alza la mano. Tito e Sesto unanimemente : " Quaranta". Marco invece dice: " Cinquanta". Ciò che Marco dice non è corretto. La risposta di Tito e Sesto è corretta: loro rispondono correttamente. La risposta di Marco è errata: lui risponde male. Il maestro loda Tito e Sesto : " Tito e Sesto, voi rispondete correttamente. Siete discepoli esperti e laboriosi". Poi interroga Marco: " Quanto fa trenta e sette?". Marco: "A questa posso rispondere correttamente: trenta e sette fa trentasette". Maestro: " Rispondi bene, Marco"- dice il maestro-" Quanto fa trenta e otto?". Marco: " È facile rispondere a questa". Maestro: " Non così facile come tu pensi!". Marco: " Trenta e otto fa trentotto". Maestro: " Dici male ! Trenta e otto fa trentotto. ( è espresso in modo diverso il solito numero!)Quanto fa trenta e nove?" Marco: " Trentanove" Maestro: " Marco, anche questo è sbagliato. Trenta e nove fa trentanove. Perché non rifletti prima di rispondere?" Marco: " Io penso sempre prima di rispondere". Maestro: " Eppure sei un fanciullo stolto, Marco!

Non puoi riflettere! Infatti stoltamente e in maniera scorretta rispondi!. Il maestro non loda Marco, ma lo riprende. Marco: " Perché da te sono sempre ripreso e mai lodato? Tito e Sesto sono sempre lodati, mai ripresi". Maestro: " Marco tu da me non sei mai lodato perché non rispondi mai correttamente. Sempre male rispondi, dunque ti riprendo!". Marco: " Invece questo accade perché io sono interrogato troppo difficilmente( sono interrogato su cose difficili). E io sono sempre interrogato" Maestro: " Tu non sei mai interrogato Marco, Tito e Sesto sono spesso interrogati". Marco: " Non così spesso quanto me". Tito: " Anche noi siamo spesso interrogati, e non rispondiamo male però". Marco: " E perché voi siete sempre lodati? Questo perché voi siete interrogati facilmente( siete interrogati su cose semplici). Anche io posso rispondere a ciò correttamente. Inoltre il maestro è amico dei vostri padri e nemico del mio. E così voi non siete mai ripresi benché spesso rispondiate male. Io invece non sono mai lodato, benché spesso risponda bene. Sesto: " Ma fratello Marco, tu spesso sei lodato" Maestro: " Dici bene Sesto: Quinto è un bravo discepolo, esperto e laborioso" Quinto è lodato dal maestro, benché sia assente. Sesto: " Non è forse vero che tu, Marco, gioisci perché anche se assente tuo fratello è lodato dal maestro?". Marco: " Io non gioisco poiché mio fratello è lodato! E perché quello viene lodato oggi? Perché non conviene riprendere un alunno assente!" Il maestro irato alza la bacchetta e dice: " Tacete fanciulli. Non è forse vero che temete la mia bacchetta?". Marco: " Noi non temiamo né te né la tua bacchetta!" Il maestro, che non sente le parole di Marco, estrae dal suo borsellino due monete e " Ecco"- disse mostrando le monete- " un'asse e un denario. Come sapete, un sesterzio è quattro assi e un denario è quattro sesterzi. Quanti assi sono quattro sesterzi, Tito?" Tito conta con le dita: " quattro ... otto ... dodici ... sedici. Quattro sesterzi sono sedici assi. " Maestro: " E dieci denari quanti sesterzi sono?" Tito: " Quaranta" Maestro: " Quanti denari sono quarantotto sesterzi?" Tito non risponde al maestro. Maestro: " Tito aspetto una tua risposta. Perché non mi rispondi?" Tito: " Non ti rispondo ancora, perché occorre prima pensare.

Quarantotto è un numero difficile!" Sesto alzando la mano: " Io so la risposta" dice. Maestro: " Ascolta, Tito; Sesto dice che lui sa la risposta. Ma aspetta, Sesto! Non è necessario che tu risponda prima di essere interrogato". Tito: " Quarantotto sesterzi sono quattordici denari? 0 quindici? Non sono certo!". Tito non è sicuro, è incerto, e dà al maestro una risposta incerta. Maestro: " È necessario dare al maestro una risposta certa. Una risposta incerta non è una risposta. Ora ti lascio rispondere Sesto". Benché il numero sia difficile, Sesto subito risponde correttamente: " Quarantotto sesterzi sono dodici denari". Il maestro di nuovo loda Sesto : " Conti bene Sesto! Rispondi sempre correttamente. Ecco ti do un'asse". Diodoro dà un' asse a Sesto e ripone il denario nel borsellino. Marco: " Occorre dare un denario a un alunno così laborioso. Non sei generoso, maestro. Non elargisci il tuo denaro". Diodoro: " Non occorre elargire denaro agli alunni". Marco: " Perché allora impariamo tanti numeri difficili?" Maestro: " Perché è necessario saper contare, come ti posso mostrare con molti esempi. Se tre mele costano un'asse e tu hai dieci assi, quante mele puoi comprare?" Marco: " Non ho così tante assi". Maestro: " Non dico questo. Ecco un altro esempio: se spartisci sei assi con tuo fratello, quante assi hai?" Marco: " cinque!". Maestro: " È necessario ripartire le assi in parti uguali. Se voi vi spartite sei assi, quante assi hai?". Marco: " Il mio denaro non lo elargisco e non lo riparto con altri". Maestro: " Marco!" - dice-" in che modo posso fartelo capire! Sei così stolto e così pigro come un asino!"

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