Il topo di campagna e il topo di città - Lingua Viva
Olim mus rusticus murem urbanum ad cena invitavit... tantae luxuriae, sollicitudinum et periculorum plenae, ruris paupertatem curis vacuam antepono".
Un topo campagnolo invitò a cena un topo cittadino, un vecchio amico. In uno squallido buco tra le rovine di un'antica torre mise in tavola cibi miseri:
croste di formaggio rosicchiate mezze rosicchiate, grani di ceci e grano, uva secca e ghiande dure. A stento il commensale riusciva a scalfire con i denti (lett. dente singolare) i tanto duri alimenti, infine proruppe: "Perché, o amico, sopporti una vita misera fra pioggia e freddo? Perché non provi fastidio per cibi tanto vili? Trasferisciti con me in città in grandi ricche case anche per i topi c'è grande abbondanza di ogni genere di delizie". Il consiglio piacque e camminando di notte emigrarono in una casa magnifica di città.
Ma mentre rosicchiano cibi squisiti, all'improvviso si aprono le porte, i tetti risuonano di clamori, entrano i servi con i cani che abbaiavano furiosamente, armati di grandi fruste. Subito il topo cittadino fugge nei rifugi conosciuti, al contrario il (topo) campagnolo, ignaro del luogo, iniziò a correre lungo le pareti in preda al terrore.
Dopo che i servi e i cani se ne furono andati, il topo campagnolo al topo cittadino: "Addio" disse " amico mio!, senza dubbio a tanto lusso e a tanta abbondanza piena di paure e di sollecitudine preferisco la vuota povertà della campagna senza affanni.