Annibale valica le Alpi (versione LITTERA LITTERAE)

Annibale valica le Alpi
Autore: Livio
Littera, ae pag. 283

Ventum deinde ad multo angustiorem rupem atque ita rectis saxis ut aegre expeditus miles temptabundus manibusque retinens uirgulta ac stirpes circa eminentes demittere sese posset.

Natura locus iam ante praeceps recenti lapsu terrae in pedum mille admodum altitudinem abruptus erat. Ibi cum uelut ad finem uiae equites constitissent, miranti Hannibali quae res moraretur agmen nuntiatur rupem inuiam esse. Digressus deinde ipse ad locum uisendum. Haud dubia res uisa quin per inuia circa nec trita antea, quamuis longo ambitu, circumduceret agmen. Ea uero uia insuperabilis fuit; nam cum super ueterem niuem intactam noua modicae altitudinis esset, molli nec praealtae facile pedes ingredientium insistebant; ut uero tot hominum iumentorumque incessu dilapsa est, per nudam infra glaciem fluentemque tabem liquescentis niuis ingrediebantur. Taetra ibi luctatio erat, [ut a lubrica] glacie non recipiente uestigium et in prono citius pedes fallente, ut, seu manibus in adsurgendo seu genu se adiuuissent, ipsis adminiculis prolapsis iterum corruerent; nec stirpes circa radicesue ad quas pede aut manu quisquam eniti posset erant; ita in leui tantum glacie tabidaque niue uolutabantur.


L'esercito arrivò poi ad una rupe molto più stretta e tanto scoscesa che a stento un soldato armato alla leggera, procedendo a tentoni e afferrandosi a cespugli e sterpi qua e là affioranti, riusciva a scendere. Il luogo, già di sua natura scosceso, a causa di una recente frana era diventato un precipizio di circa mille piedi.
Lì si fermarono i cavalieri come se fossero arrivati alla fine della strada e ad Annibale, perplesso, che chiedeva perché la marcia si fosse arrestata, fu risposto che si era arrivati ad un dirupo assolutamente impraticabile. Egli stesso si avanzò per compiere una ricognizione sul luogo. Non c'era alcun dubbio: era necessario deviare l'esercito, anche a costo di fargli compiere un lungo giro, per un itinerario difficile e non battuto in precedenza, ma anche quel sentiero si rivelò impraticabile. Infatti sopra la neve vecchia non ancora disciolta era caduto un leggero strato di neve fresca e i soldati potevano avanzare appoggiando saldamente i piedi in quello strato cedevole e non profondo.


Ma presto, al passaggio di tanti uomini e di tante bestie da soma, lo strato superiore si sciolse e i soldati dovevano procedere sullo strato di ghiaccio sottostante e la poltiglia della neve che andava sfacendosi. Era una lotta affannosa con il sentiero scivoloso, col ghiaccio su cui non era possibile fermare il piede, col pendio che induceva facilmente a scivolare: in questo modo i soldati, anche se per rialzarsi si aiutavano con le mani o si appoggiavano sulle ginocchia, quando questi appoggi cedevano erano coinvolti in nuove cadute; intorno non vi erano sterpaglie o radici con cui ci si potesse in qualche modo puntellare con le mani o con i piedi e così tutti rotolavano sul ghiaccio che era soltanto liscio e sulla neve liquefatta.

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