Un furto fallito di Verre ad Agrigento - LITTERA LITTERAE - Versione latino cicerone
Un furto fallito di Verre ad Agrigento
Autore: Cicerone
Versione da littera litterae n. 1 pag. 207
Clamor a vigilibus fanique custodibus tollitur; qui primo cum obsistere ac defendere conarentur, male mulcati clavis ac fustibus repelluntur....
Un urlo si leva dalle guardie e dai custodi del tempio: i quali, prima tentando di opporsi e difendere il tempio, malmenati, vengono cacciati con bastoni e e spranghe.
Dopo, divelti i chiavistelli e manomessi i battenti, tentano di distruggere la statua e smuoverla con leve. Nel frattempo, si diffuse in tutta la città la voce che i dei della patria erano stati catturati, non con un inaspettato arrivo dei nemici, né con un improvviso assalto dei banditi ma che proveniva dalla corte pretoriana e dalla patria l'esercito di schiavi, armato e schierato.
Ad Agrigento non vi fu nessuno di età tanto avanzata né di energie tanto deboli, che in quella notte animato da quel messaggio non s’alzasse, e non afferrasse l'arma che la sorte offriva a ciascuno. Dunque in breve tempo si accorse al tempio da tutta la città. Già da più di un’ora moltissimi uomini si affannavano a tirar giù la statua; quella nel frattempo non vacillava da nessuna parte, sebbene gli uni provassero a smuovere) con leve poste al di sotto, gli altri a trascinar verso di sé dopo averla legata con funi a tutte le membra.
Ecco che improvvisamente gli abitanti di Agrigento accorrono; si verifica una grande sassaiola; i soldati notturni di codesto famosissimo governatore si danno alla fuga.