Attività antiromana di Annibale in esilio

Annibale, nel terzo anno da quando era fuggito dalla patria, approdò con cinque navi in Africa, nel territorio dei Cirenei, sperando di poter indurre alla guerra contro i Romani i Cartaginesi, facendogli fare affidamento nella lealtà e nell'appoggio di Antioco, che egli aveva già convinto a partire alla volta dell'Italia con gli eserciti. Lì fece venire suo fratello Magone. Appena i Cartaginesi vennero a sapere di ciò, inflissero a Magone, da assente, la stessa pena che avevano inflitto al fratello. Persa la fiducia nelle possibilità, dopo essere salpato e aver spiegato le vele ai venti, Annibale giunse da Antioco.

Riguardo alla morte di Magone è stata tramandata una duplice testimonianza: infatti alcuni raccontano che fu ucciso da un naufragio, altri dai suoi stessi servi. Quanto ad Antioco, se nel fare la guerra avesse voluto obbedire alle decisioni di questo, avrebbe lottato per l'egemonia sull'impero più vicino al Tevere che alle Termopili. Annibale, sebbene vedeva che quello tentava molte cose in maniera sbagliata, tuttavia non lo abbandonò in nessuna circostanza.

Stette a capo di poche navi che gli era stato comandato di guidare dalla Siria in Asia, e con queste, nel Mar Panfilio, si scontrò contro la flotta dei Rodiesi. Sebbene i suoi soldati furono sconfitti dal gran numero di uomini degli avversari, egli, nel fianco in cui combatté, risultò vincente.

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