Ettore appare in sogno a Enea e lo esorta a mettersi in salvo

Tempus erat quo prima quies mortalibus aegris incipit et dono deorum …

Era il momento in cui, per gli esseri umani, incomincia il primo sonno e si insinua gradito per dono degli dèi. Ecco che, nei sogni, mi apparve davanti agli occhi il triste Ettore, e versava copiosi pianti.

Ahimé, com’era! Quanto era cambiato da quel grande Ettore che giungeva con l’armatura di Achille o che scagliava fuochi verso le poppe dei Greci. Nel sogno mi rivolgo all’eroe ed emetto tristi parole: O luce Dardania, o fidata speranza dei Troiani, quali grandi impedimenti ti trattennero?

Da quali lidi giungi? Come ti rivediamo, stremati dopo le molte morti dei tuoi, dopo le diverse sofferenze degli uomini e della città! Quale ingiusta causa segnò i lineamenti sereni? O perché vedo queste ferite? Egli non ascoltò le cose che chiedemmo, ma dal profondo del petto trasse dei gemiti e disse: Suvvia fuggi, o figlio della dea, e sottraiti a queste fiamme!

Il nemico controlla le mura, Troia crolla dall’alta vetta. Alla patria e a Priamo è stato dato abbastanza. Troia affida a te i suoi culti e i suoi Penati: prendi questi come compagni dei Fati, e con questi cerca le grandi mura che infine costruirai, dopo che avrai errato attraverso il mare.

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