Grande umanità di Plinio nei confronti dei suoi schiavi (Versione latino Plinio il Giovane)
Grande umanità di Plinio nei confronti dei suoi schiavi Autore: Plinio il Giovane traduzione libro nove
Confecerunt me infirmitates meorum, mortes etiam, et quidem iuvenum. Solacia duo nequaquam paria tanto dolori, solacia tamen: unum...
Mi hanno abbattuto le malattie, le morti anche, dei miei (schiavi), (che erano) per giunta (ancora) giovani.
Due (sono i miei) conforti, per nulla pari ad un così grande dolore, ma comunque dei conforti: uno (è) la (mia) facilità di affrancare (gli schiavi) - (mi) sembra infatti di non aver perduto del tutto prematuramente (lett. : prematuri) quelli che ho perduto (quando erano) già liberi -, l'altro (è) il fatto che permetto anche agli schiavi di fare una sorta di testamento, e lo rispetto come legittimo. Ordinano e chiedono quello che (è) sembrato (loro) opportuno; (io) obbedisco come se avessi ricevuto un ordine (lett. : fossi stato ordinato).
Fanno divisioni, doni, lasciti, (ma) solo all'interno della casa; per gli schiavi infatti la casa è una sorta di Stato e per così dire una città. Ma sebbene (io) trovi la calma con questi conforti, sono abbattuto e angosciato da quella stessa umanità che mi ha spinto a permettere proprio ciò. Non per questo tuttavia vorrei diventare (di animo) più duro. Né ignoro che altri definiscono casi simili (lett. : di tal genere) nulla più che un (semplice) danno e che per questo credono (lett. : sembrano a se stessi) di essere uomini grandi e saggi.
Se questi siano grandi e saggi, non lo so; (ma di sicuro) non sono uomini. E' proprio di un uomo, infatti, essere colpito dal dolore, sentir(lo), resister(gli) tuttavia e ammettere dei motivi di conforto (lett. : dei conforti), non il poter fare a meno di un conforto (lett. : di conforti).