L'ultimo eccesso di un miliardario

Scilicet minus beate vivebat dictator noster qui Samnitium legatos audiit cum vilissimum cibum ...

Di certo quel nostro dittatore che diede udienza agli ambasciatori dei Sanniti mentre cuoceva personalmente, di propria mano, sul fuoco, un cibo molto comune, viveva in maniera meno agiata di quanto visse Apicio, stando ai nostri ricordi, che in quella città dalla quale un tempo furono costretti ad andar via i filosofi, in quanto corruttori della gioventù, corruppe tutta un’epoca con la sua disciplina, insegnando l’arte dell’osteria (ossia: “l’arte della cucina”). Vale la pena conoscere la fine di costui.

Dopo che ebbe gettato nella cucina cento milioni di sesterzi, e dopo che ebbe divorato con una baldoria dopo l’altra le numerose elargizioni degli imperatori e l’enorme tributo del Campidoglio, sopraffatto dai debiti, guardò allora, per la prima volta, i propri conti, costretto: calcolò che gli sarebbero rimasti soltanto dieci milioni di sesterzi, e, quasi che, se avesse vissuto con dieci milioni di sesterzi, egli avrebbe vissuto nella fame più estrema, pose termine alla vita per mezzo del veleno.

Quanto amore per il lusso aveva colui per il quale la povertà fu dieci milioni di sesterzi! Qualcuno ebbe paura di dieci milioni di sesterzi, e, per mezzo del veleno, evitò ciò che gli altri chiedono con la preghiera. Per quell’uomo, dalla mente così malata, l’ultima bevanda fu in verità la più salutare

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