Servus annos quattuordecim fui. Ceterum postea, quemadmodum dii voluerunt, dominus in illa domo ...

Sono stato un schiavo per quattordici anni. Per il resto, in seguito, così come vollero gli dèi, in quella casa sono diventato il padrone, ed ecco che ho fatto di testa mia. Per farla breve: il padrone mi nominò erede insieme all'imperatore, e ricevetti come patrimonio il laticlavio.

Per me, tuttavia, non fu abbastanza. Volli fare il mercante e preferii darmi al commercio. Non voglio trattenervi con molte parole: costruii cinque navi, le caricai con del vino – che all'epoca era oro – e le mandai a Roma. Sfortunatamente, però, tutte le navi fecero naufragio.

È la realtà, non un racconto inventato. In un solo giorno Nettuno divorò trecentomila sesterzi. Credete forse che mi arresi? Questa sfortuna, per Ercole, non mi turbò! Costruii altre navi, migliori, più grandi e di maggior successo, affinché tutti mi definissero un uomo impavido. Caricai di nuovo vino, lardo, fave e schiavi.

In quella circostanza Fortunata, mia moglie, volle fare un gesto devoto: vendette infatti tutto il suo oro e tutti gli abiti e mi mise in mano cento pezzi d'oro. Questo fu il lievito del mio gruzzolo. Quello che gli dèi vogliono avviene velocemente. Con una sola spedizione realizzai centomila sesterzi!

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