Traditum est Romae hoc anno et insequenti C. Sulpicio Petico ...

È stato tramandato che in questo anno e nel seguente, nel corso del consolato di C. Sulpicio Petico e C. Licinio Stolone, ci fu un'epidemia.

Sembra che nulla di degno di essere ricordato venne fatto, se non il fatto che, al fine di implorare la benevolenza degli dei, ci fu un lettisternio. Ma, dal momento che la violenza dell'epidemia non veniva attenuata né dalle iniziative umane, né dall'aiuto divino, e (dal momento che) gli animi erano vinti dalla superstizione, si racconta che, fra le altre misure per calmare l'ira divina, furono allestiti anche degli spettacoli teatrali, i quali sembra che costituirono una "rivoluzione" per un popolo guerriero.

Senza alcun testo poetico, erano stati fatti venire dall'Etruria degli attori, i quali, danzando al ritmo del flauto, eseguivano, alla maniera etrusca, movimenti non sgraziati. Quindi, i giovani romani, lanciandosi tra loro battute insieme a rozzi versi, iniziarono ad imitarli; e i movimenti non sembrava che fossero scoordinati rispetto alla voce. Perciò la cosa venne accolta, e per mezzo della pratica reiterata piuttosto spesso, divenne una consuetudine.

Agli artisti locali fu attribuito il nome di "istrioni", perché l'attore, con una parola etrusca, veniva chiamato "hister".

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