La fortuna di essere messi alla prova

Gubernatorem in tempestate, in acie militem intellegas. ...

Dovresti comprendere il timoniere nella tempesta, il soldato in battaglia. Dovresti marcire nelle ricchezze: come potrei sapere quanto animo hai contro la povertà?

Dovresti invecchiare tra gli applausi: come potrei sapere quanto tu abbia di costanza contro l'ignominia e l'infamia e l'odio popolare? Dovresti vedere i tuoi figli, che hai elevato: come potrei sapere quanto tu sarai sul punto di sopportare la privazione con animo sereno? Ti ho ascoltato, mentre consolavi gli altri: desidererei osservarti nelle situazioni avverse, ma tu stesso non consoleresti mai te stesso, tu stesso non hai mai posto resistenza nell'addolorarti.

Vi prego, non temete codeste cose che gli dèi immortali accostano agli animi come degli stimoli: la calamità è l'opportunità della virtù. Chi potrebbe dire che quelli siano a ragione miseri, i quali s'intorpidiscono per l'eccessiva buona sorte, che la tranquillità inerte li trattiene come in un mare calmo? Qualsiasi cosa potrebbe accadere a quelli, giungerà come una novità. Più le cose crudeli incalzano gli inesperti, pesante è il giogo sul tenero collo; il giovane soldato impallidisce all'idea di una ferita, il veterano, che sa di aver vinto spesso dopo il sangue, osserva audacemente il proprio sangue.

Pertanto la divinità rafforza riconosce esercita coloro che mette alla prova, che ama; invece preserva dai mali che verranno quelli teneri verso i quali sembra che sia indulgente, verso i quali sembra che risparmia (rispetta).
(By Maria D.)

Versione tratta da Seneca

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