ma ogni nuova conquista non è mai sicura - Quae manent 2 pagina 353 numero 17
Sed in novo et si verum fateri volumus...
Ma in un nuovo e - se veramente vogliamo dirla tutta - (confessare) - in un impero precario insinuando ancora i Barbari il giogo sul rigido collo di questo, soldati, occorre del tempo, per tutta la durata in cui vengono forgiati a ingegni più miti e la migliore consuetudine lenisce i selvaggi.
Anche i frutti attendono la maturazione a tempo debito: anche quelle cose prive di ogni sensazione tuttavia si mitigano tanto grazie alla loro legge. Cosa? Credete che tante genti abituate al potere e al nome di un altro, che non unendosi con noi né mediante le cerimonie sacre, né mediante i costumi, né mediante la pratica della lingua possano essere dominate con la stessa battaglia, con cui sono state sconfitte?
Sono tenute dalle vostre armi, non dai loro costumi, e coloro che temono i presenti, saranno nemici pure in assenza. La situazione sussiste con le bestie feroci, che, dato che la natura di queste stesse non ha potere, un tempo più lungo le mitiga una volta catturate e rinchiuse. Di conseguenza o bisogna lasciare andare quelle cose che abbiamo conquistato, o bisogna impossessarsi, di quelle cose che non abbiamo.
Come nei corpi malati, soldati, i medici non lasciano nulla, che è destinato a nuocere, così noi estirpiamo qualsiasi cosa è d'ostacolo al potere. Spesso una piccola scintilla disprezzata ha suscitato un grande incendio. Sicuramente niente viene disprezzato in un nemico: che tu renda con la negligenza più valente colui che abbia disprezzato.
(By Maria D.)
Versione tratta da Curzio Rufo