Una malattia senza speranza e una scelta irrevocabile

Priusquam vis morbi prorumperet...

Prima che l'impeto della malattia prorompesse molto gravemente, Attico, dopo che di giorno in giorno percepì che i dolori accrescevano e le febbri sopraggiungevano, ordinò che fosse chiamato il genero Agrippa presso di lui e con lui L. Cornelio Balbo e Sesto Peduceo.

Quando vide che questi giunsero, appoggiandosi sul gomito disse: non è necessario, avendovi come testimoni, commemorare con molte parole quanta cura e dedizione ho applicato in questo momento a salvaguardare la malattia, Dato che, come spero, ho soddisfatto abbastanza con queste, non lascio nulla di incompiuto (che devo fare, da fare), che appartiene alla mia guarigione, resta che proprio io tuteli me stesso.

Non ho voluto che voi ignoraste ciò: infatti dipende da me (sta a me) cessare di sviluppare la malattia. E infatti in questi giorni ho assunto qualsiasi cibo, ho allungato la vita, aumentando i dolori senza speranza di salvezza. Per tale ragione vi chiedo, prima di tutto di valutare la mia decisione, poi di non tentare d'impedire dissuadendomi inutilmente". Tenuto tale discorso con tanta costanza della voce e del volto, da sembrare di emigrare non dalla vita, ma da una dimora a una dimora, anche se in verità agrippa piangendo e baciandolo pregava e scongiurava, che proprio lui non si affrettasse verso ciò che la natura lo costringeva cioè la morte, e, visto che al momento avrebbe anche potuto avanzare del tempo, lo avrebbe dovuto preservare per se stesso e i suoi, con la sua ostinazione scoraggiò taciturno le preghiere di costui.
(by Maria D.)

Versione tratta da Cornelio Nepote