I proletari e i capite censi
Qui in plebe Romana tenuissimi pauperrimique erant neque amplius quam mille..., difficillimis rei publicae temporibus, conscripsisse traditur. (da Gellio)
Quelli che nella plebe Romana erano i più deboli e poveri e non possedevano più di mille nummi erano chiamati proletari; quelli che erano censiti con proprio nessuna o con minima ricchezza, erano chiamati anche “capite censi”, perché venivano censiti non per il denaro, ma per la persona.
Né i proletari né i “capite censi” erano o arruolati nell’esercito, se non per un grandissimo pericolo dello stato, perché la loro servitù ed il denaro era inconsistente o zero. La classe dei proletari fu alquanto più decorosa di nome e di fatto dei “capite censi”. Infatti nei tempi più duri per lo Stato, quando vi era la maggior carenza di soldati venivano arruolati nella milizia di emergenza.
Venivano poi chiamati proletari, perché, anche se, per la povertà di beni potevano giovare allo Stato con il denaro, tuttavia accrescevano il numero di cittadini con la prole.
Si dice d’altra parte che Caio Mario per primo, nella guerra con i Cimbri, in tempi assai difficili per lo Stato, abbia arruolato i “capite censi”.