Cicerone chiama Lucio Metello in causa contro Verre
Iam vero, iudices, etiam si Siculorum fortuna neglegitis, vos tamen communem populi Romani causam suscipite …
Ormai però, o giudici, anche se non tenete in considerazione i beni dei Siciliani, tuttavia fatevi carico della causa comune del popolo Romano, e difendetela.
Io dico che gli aratori sono stati scacciati, i campi sono stati saccheggiati e spogliati da Verre, la provincia è stata distrutta: dimostro tutte queste affermazioni per mezzo delle lettere delle popolazioni, le dimostro per mezzo di testimonianze sia ufficiali, di rispettabilissime comunità, sia private, di uomini di prim'ordine. Che cosa volete di più? Forse che attendete che L. Metello, che per mezzo del potere e del prestigio ha dissuaso molti testimoni contro codesto (Verre), pronunci una testimonianza al riguardo della criminalità, della disonestà, della temerarietà di codesto?
Non credo. Ma egli (Metello), che è succeduto a codesto (a Verre), ha potuto conoscere perfettamente tutte le cose. È così; però è trattenuto dall'amicizia. Forse che qualcuno pretende una testimonianza di L. Metello contro Verre? Nessuno.
Forse che qualcuno la chiede? Non mi pare. Come allora? Cosa direte se per mezzo delle lettere e della testimonianza di L. Metello io dimostrerò che tutte queste cose sono vere. (Direte) che Metello scrive il falso? Oppure che è desideroso di danneggiare un amico? O ancora che il governatore non sappia che la sua provincia è stata tanto crudelmente maltrattata?